domenica 4 luglio 2010

primi giorni

Dai ci proverò a tenere un diario. Non posso iniziare dal primo giorno, cioè esattamente dal giorno in cui sono partita. Cioè sì che posso, ma devo riassumere.

Allora, data di partenza: un giorno qualsiasi dell'ottobre dell'anno 2006. o addirittura prima?non me lo ricordo. Voglio dire che sognavo di compiere questo viaggio da molto tempo, da quando ho conosciuto Jardin durante una serata di beneficenza al Portico.

Ho fatto anche i corsi di preparazione alla partenza e tutto, ma non ho mai avuto abbastanza soldi per prendermi il biglietto aereo.

Non li ho nemmeno adesso sia chiaro, se non fosse per la borsa di studio non sarei qui nemmeno ora.

Vabè insomma, ho idea che praticamente tutti quelli che stanno leggendo sanno dove sono e cosa sono venuta a fare, quindi non entrerò nei dettagli del progetto, non ora. Insomma non ho voglia.

Son partita il 23 giugno con destinazione Buenos Aires. Durante l'attesa per il check in ho avuto modo di fare due chiacchiere con uno scheletro che tenevo ben nascosto in un armadio chiuso a chiave saldato col flessibile stuccato con la calce e sotterrato giù nel centro della terra. E niente, avrei fatto meglio a saldarmi la bocca.

Vabè.

Il mio volo ha fatto scalo a Madrid, dove è arrivato con un'ora di ritardo. Una volta lì, e considerando che il volo per Buenos Aires sarebbe partito 45 minuti dopo, ho attraversato correndo carica come una mussa tutto l'intero aeroporto, scoperto che non avevo la carta d'imbarco per il secondo volo, quindi: sono scesa al piano inferiore, ho fatto il check out, son salita di nuovo, rifatto il check in, rifatta la perquisa, buttato via l'acqua che avevo comprato dentro all'aeroporto di Tessera, fatta venire le vesciche ai piedi, comprato un adattatore che non serve a niente in Argentina, fatto mezz'ora di coda e finalmente, son salita in aereo.

Miracolosamente durante il decollo non sono morta, e neanche durante l'atterraggio.

Durante il volo nemmeno. La mia vicina di poltrona era una tizia che era stata due settimane in Francia per una festival di animaciòn, che non è un festival di animazione, come ho pensato fino a mezz'ora prima di arrivare a Buenos Aires, ma un festival di cartoni animati, in poche parole. La tizia in questione era un bel po' frichettona, forse di quelle che mi stanno un po' sul cazzo, però è stata gentile con me, mi ha aiutata ad uscire dall'aeroporto senza che mi succedesse niente di drammatico e abbiamo condiviso il taxi (con sua madre) fino al quartiere Palermo, dove sarebbe dovuto essere l'ostello. La corsa in taxi è costata 110 pesos. Una volta scese, in totalissimo stile frik, la tizia mi ha detto “venga, yo te doy 50 y tu pones 60, vale?”, sì valeva, ma non ho capito perchè. Comunque, era stata gentile e non mi son messa a questionare. Così però abbiamo saldato il debito e la birra che le dovevo dileguossi.

La prima big surprise che Buenos Aires mi ha riservato è stata quella di farmi trovare l'ostello che avevo prenotato chiuso.

Per fortuna non ero la sola in quella situazione, con me c'erano due tizi francesi che probabilmente avevano trovato l'indirizzo nella Lonely Planet, come avevo fatto io.

Fu così che capitai nell'ostello affianco, il Sohostel. Il bastardo mi è costato il doppio, 135 pesos, però mi sono trovata benissimo. C'è anche da dire che ho fatto un po' la fighetta e mi son presa una stanza singola con bagno. Non ero mai stata in ostello, ma questo mi sembrava di averlo già visto. O per lo meno di averlo sognato o di aver letto la sua descrizione. Il Sohostel si sviluppa su tre piani, al piano terra c'è solo la porta d'entrata e un giro di scale, al primo ci sono la reception, dove mi ha accolta un certo Micha, dall'espanol un poco incerto, la cucina, 5 stanze con i letti a castello e i bagni. Di sopra poi c'è una terrazza con una zona coperta con divani e tv, una parrilla e due stanze, una era la mia e un'altra doppia dove alloggiavano una mamma con la figlia.

http://www.sohostel.com.ar/

A Buenos Aires ci sono rimasta solo una notte. Il primo giorno ho fatto una passeggiata per il quartiere, e mi è sembrato di essere in Spagna ma senza spagnoli, cioè con meno delirio. Il secondo giorno ho fatto la cazzata di andare a fare un giro con un tipo brasiliano e uno venezuelano che avevo conosciuto in ostello. Il secondo era tranquillissimo, mentre purtroppo il brasiliano era anche lui uno di quei semifrik che si guadagnano la vita facendo lavoretti dell'ostia e che hanno girato tutto il mondo ma che ancora non hanno capito che quando si cammina per strada si guarda a destra, a sinistra, sopra e sopratutto sotto, per non pestare le merde dei cani. Insomma sto boludo ci ha portati a vedere la zona del porto, che, con tutto rispetto per fascino di Buenos Aires, non ha molto di interessante da vedere. Poi siamo andati a San Telmo, un quartiere molto bello, a mangiare carne alla parrilla strabuona e a fare un giro per mercatini dell'antiquariato. Ah, pure lui, in stile superfrik, al momento di pagare il conto ha voluto dividere per tre servizio birra e patate fritte, ma la carne no e così lui ha pagato di meno perchè aveva preso costine e non bife.

Se il tizio mi avesse conosciuto anche un'ora di più, non avrebbe mai rischiato quello che ha rischiato venerdì scorso. Lo stesso giorno dovevo prendere un pullman per Posadas e lui avrebbe dovuto incontrare un ragazzo di Haiti che voleva aiutare a passare la frontiera per ad andare in Brasile. Quindi, secondo il programma, saremmo dovuti tornare in ostello alle 17, a tempo per fare tutto con calma. Il muy boludo invece, ci ha fatti finire (conosceva Bsas a detta sua) in un quartiere molto poco simpatico perchè voleva a tutti i costi che prendessimo l'autobus per tornare in ostello, così avremmo potuto vedere la città. Ma erano le cinque passate, eravamo stanchi e io avrei tanto voluto togliermi i calzini che avevo in bocca prima di affrontare un viaggio in bus che sarebbe durato 12 ore. Ma non c'è stato verso di smuoverlo, e solo dopo che io e il venezuelano gli abbiamo masticato le orecchie siamo riusciti a convincerlo ad andare a prendere la metro. Totale, siam tornati alle sei e dopo 20 minuti il dueño dell'ostello mi ha portata alla stazione di Retiro, dove avrei preso il bus per Posadas.

Per inciso, qualcuno sa qualcosa del povero stronzo di Haiti?

Nonostante quindi questi piccoli imprevisti i due giorni a Bsas sono stati rilassanti, in ostello c'era muy buena onda e Marco, il proprietario, si è dimostrato gentile e disponibile. Non ho patito molto durante il viaggio in pullman. I minibus che fanno viaggi così lunghi sono molto comodi, servono da mangiare e il cibo è decisamente migliore di quello che servono in aereo. Ci hanno dato anche la colazione. Persino gli steward di bordo erano molto simpatici. Simpaticissimi. Così simpatici che uno di loro mi ha presa per il culo per tutto il viaggio perchè l'Italia è uscita dal mondiale. Ma d'altronde mi ci sono abituata, perchè è da quando sono arrivata che la formula standard per presentarsi è “de dónde eres? Italia. AAAAh ya se fueron del mundiaaaal”.

Il viaggio in bus mi è piaciuto tantissimo. Ho viaggiato di notte, ma c'era luna piena e si vedeva tutto perfettamente. Il tutto di cui sto parlando è il nulla più assoluto. In 1300 km non ho visto anima viva, una casa, un animale, nulla, solo terra e campi e alberi e piante ed erbaerbaerba tantissima erba.

1 commento:

  1. si ma dileguossi lo hai preso da Cenerontola?
    :-D
    ti seguirò come una serie tv....

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