domenica 21 marzo 2010

rise!

dio mio, qualcuno faccia in modo che duri qualche altro giorno!
sto per addormentarmi serena!cosa succede?
non piove!non nevica!non c'è vento!è una serata tiepida, per strada nessuno mi ha inseguito e la mia più grande preoccupazione ora è svegliarmi in orario domattina!
e attenzione!pieno di luna, domani è quel giorno lì e nessuna sidrome pre!
posso sbilanciarmi?posso osare?
tiè!

lunedì 15 marzo 2010

la mia puntata di scrubs

Guardare una puntata di scrubs prima di andare a letto è per me una terapia. terapia d’urto terapia del riso e terapia del dolore.
Quando è successo quello che è successo ho temuto di non riuscire più a vedere nessuna serie televisiva di quelle girate negli ospedali. Tipo e.r. o scrubs. Mi ricordo che una ventina di giorni dopo il 4 giugno 2009 io e mio papà abbiamo visto una puntata (di quelle delle prime serie) di e.r. e durante quella puntata c’era qualcuno nonmiricordochi che aveva un’emorragia cerebrale. Quando il medico nonmiricordoneanche spiegava cos’era successo al parente della vittima in questione, mi sforzavo di trovare conferme in quello che i medici avevano detto a noi (e in quello che avevo letto su wikipedia). Per fortuna combaciava tutto.
Per fortuna nel senso che così era palese che a mia mamma non fosse successo niente di più o niente di diverso rispetto a quello che aveva avuto la persona nella puntata di e.r. e questa cosa mi faceva sembrare il tutto più tollerabile.
Comunque ho fatto fatica ad arrivare alla fine della puntata.
Con scrubs però è diverso. A parte che è la miglior serie al mondo e che tutti dovrebbero vederla, nella serie in questione ogni piccolo dramma oggetto delle puntate è interpretato e rappresentato con estremo cinismo e ironia, anche con un po’ di sadismo, anche quando i protagonisti parlano delle patologie dei pazienti. Mi ci ritrovo molto. Alla fine bisogna sopravvivere e per sopravvivere credo sia il caso di esorcizzare (occhio, non sdrammatizzare) le proprie angosce , e ognuno deve farlo come meglio crede.
A volte faccio delle uscite davvero feroci quando parlo di questa storia, cazzo mi faccio ridere da sola ma a volte non mi rendo conto che il mio interlocutore può sentirsi in difficoltà. In verità è anche questo l’aspetto divertente della cosa, cioè mettere nell’imbarazzo più imbarazzoso quella persona che, parlando con me di mia madre, non vuole ne’ commiserarmi ne’ essere insensibile. E’ facile mettere in difficoltà la gente. Tipo quando mi dicono “ma va in mona de to mare” (di solito il gelo cade dopo un nanosecondo) mi piace rispondere con “eh poretta….”.
Oh è successo anche a me di fare ste gaffe demmerda, adesso mi diverto io. Farsi troppe paranoie è inutile, preferisco la schiettezza ma non sopporto chi fa finta di capire. E non sopporto neanche chi se ne sbatte totalmente.
Chi fa finta di capire son quelle persone che all’occorrenza se la telano, o che mi ritorcono contro il fatto che non riesco a rilassare i nervi, a sbloccare i muscoli o a essere sempre pronta a fare la oyeahsimpatica. A ma pareva chiaro che fosse per un motivo ovvio e mi secca tantissimo doverlo ricordare a volte, anche perché mi sembra di utilizzare questa sfiga come un attenuante per giustificare la mia irritabilità, quando invece forse, ma forse, ne è semplicemente la causa.
Quelli che invece se ne sbattono o si ripuliscono la coscienza con un “come sta tua mamma” ,e solitamente lo fanno in una situazione totalmente inopportuna, mi fanno stare male.
Mi fanno stare male perché sono sempre (beh ovviamente) persone che mi conoscono bene,che stanno a stretto contatto con me e dalle quali non mi sarei aspettata un simile comportamento. Sono persone che scelgono (io credo sia così) di ignorare tutto in modo da non potermi giustificare mai, e cadono in fallo poi quando pretendono da me comprensione perché oggi al bar qualcuno gli ha rubato l’ultimo panino col salame.
Quello che è capitato mi ha catapultato in una specie di limbo in cui non so chi sono e come mi sto comportando.
Sento che ora, meno di sempre, riesco a sintonizzare le mie frequenze con quelle degli altri. E temo che per me sarà sempre più difficile poterlo fare. Sarà sempre più difficile far capire a chi mi sta attorno che dentro la mia testa ci sono settemilamiliardi di scadenze che bisogna rispettare e che per lo meno per il 50% non riguarda direttamente la mia vita ma che influenzano il restante 50% di scadenze che ovviamente, hanno a che fare con l università. Faccio fatica ad accettare ed a esternare il fatto che tra i miei disorganizzatissimi emisferi la comunicazione avviene in maniera fallace e intermittente. Sono sempre più convinta che le conseguenze di un trauma cerebrale possano essere trasmesse a chi sta attorno al cerebroleso (uuuuuu il parolone) anche perché non è una cosa che riguarda solo me (puntinipuntinipuntini).
Credo che sarà sempre più difficile sincronizzare le mie frequenze con quelle del mondo.
Ed ho il fondatissimo timore che se le cose continuano così la mia inquietudine sarà infinita.



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