mercoledì 12 maggio 2010

Già.


- Se ti scrivo una cosa, la leggi con attenzione? E la conservi?
- Sì. Ma certo, - dissi. E l’ho fatto, anche. Ho ancora il foglietto che mi ha dato.
Si avvicinò a quella scrivania dall’altra parte della stanza, e senza nemmeno sedersi scrisse qualcosa su un pezzo di carta. Poi tornò e si sedette con quel foglio in mano. – per quanto sembri strano, questo non l’ha scritto un poeta di mestiere. L’ha scritto uno psicanalista che si chiamava Wilhelm Stekel. Ecco quello che…mi segui ancora?
- Ma sì, certo.
- Ecco quello che ha detto: “ciò che distingue l’uomo immaturo è che vuole morire nobilmente per una causa, mentre ciò che distingue l’uomo maturo è che vuole umilmente vivere per essa”.
[…]
Io credo, - disse, - che uno di questi giorni ti toccherà scoprire dove vuoi andare. E allora devi metterti subito in marcia. Ma immediatamente. Non puoi permetterti di perdere un minuto. Tu no.
Feci di sì con la testa perché lui mi guardava in faccia e via discorrendo, ma non ero troppo sicuro di capire che diavolo avesse in mente. Ero quasi sicuro di saperlo, ma in quel momento non ci avrei giurato. Ero troppo stanco, accidenti.
- E mi dispiace dirtelo, - continuò – ma credo che non appena comincerai a vedere chiaramente dove vuoi andare, il tuo prima impulso sarà di applicarti allo studio. Per forza. Sei uno studioso, che ti piaccia o no. Smani di sapere. E io credo che non appena ti sarai lasciato dietro tutti i professori Vines ei loro temi ora…
- I professori Vinson, - dissi io. Voleva dire tutti i professori Vinson, non tutti i professori Vines. Però non avrei dovuto interromperlo.
- D’accordo, i professori Vinson. Non appena ti sarai lasciato dietro tutti i professori Vinson, allora comincerai ad andare sempre più vicino, se sai volerlo e se sai cercarlo e aspettarlo, a quel genere di conoscenza che sarà cara, molto cara al tuo cuore. Tra l’altro, scoprirai di non essere il primo che il comportamento degli uomini abbia sconcertato, impaurito e perfino nauseato. Non sei affatto solo a questo traguardo, e saperlo ti servirà d’incitamento e di stimolante. Molti, moltissimi uomini si sono sentiti moralmente e spiritualmente turbati come te adesso. Per fortuna, alcuni hanno messo nero su bianco quei loro turbamenti. Imparerai da loro…se vuoi. Proprio come un giorno, se tu avrai qualcosa da dare, altri impareranno da te. E’ una bella intesa di reciprocità. E non è istruzione. E’ storia. E’ poesia -. Si interruppe e mandò giù un bel sorso di cocktail. Poi ricominciò. Ragazzi, era proprio partito in quarta. Meno male che non avevo cercato di fermarlo né niente.
- Non sto cercando di dirti, - proseguì, - che soltanto gli uomini colti e preparati sono in grado di dare al mondo un contributo prezioso. Non è vero. Ma sostengo che gli uomini colti e preparati, se sono intelligenti e creativi, tanto per cominciare, e questo purtroppo succede di rado, tendono a lasciare, del proprio passaggio, segni di gran lunga più preziosi che non gli uomini esclusivamente intelligenti e creativi. Tendono ad esprimersi con più chiarezza, e di solito hanno la passione di seguire i propri pensieri sino in fondo. E, cosa importantissima, nove volte su dieci sono più modesti dei pensatori non preparati. Mi segui, di’?
[…]
- Gli studi accademici ti renderanno un altro servigio. Se li prosegui per parecchio tempo, cominceranno a farti capire che taglia di mente hai. Che cosa le va bene e, forse, che cosa non le va bene. Dopo un poco, comincerai a capire a che specie di pensieri dovrebbe attenersi la tua particolare taglia di mente. Per dirne una, questo può farti risparmiare tutto il tempo che perderesti a provarti idee che non ti si addicono, che non sono adatte a te. Comincerai a riconoscere a conoscere le tue vere misure e a vestire la tua mente attenendoti a quelle.
Allora, tutt’a un tratto, sbadigliai. Razza di bastardo maleducato, ma chi ce la faceva più.
Però il professor Antolini si mise a ridere. – Andiamo, - disse, e si alzò. – Prepariamo il tuo divano.

lunedì 10 maggio 2010

cazzo.

Credo sia come stare chiusi dentro a una stanza buia, perfettamente consci di esserci e perfettamente consci di non poterne uscire.
Credo sia tremendo.
Mi strazia l’idea di qualcuno chiuso dentro a quella stanza mezzo morto di tristezza. Tutto solo.

Oppure è come una giostra. Quando ero piccola e andavo alle giostre salivo su quella con le bestie che giravano e il tizio lì faceva penzolare una coda rosa sopra ai bambini che giravano e bisognava acciuffarla per vincere un premio. Non ce l’ha mai fatta nessuno, giostraio del cazzo.
Ecco forse è così. Una cazzo di giostra per bambini del cazzo con le code del cazzo che penzolano. Non fatemi parlare del giostraio perché in questo caso il giostraio del cazzo chissà dov’è finito.
Che cazzo di condanna è questa, qualcuno me lo sa spiegare? Chi cazzo può essersi inventato una penitenza del genere?E’ peggio dell’essere muti. Una strada o è sbarrata o non lo è. O è percorribile o non lo è. Non è una cosa che può andare a momenti.
E’ che ormai ho smesso di chiedermi se la giostra del cazzo si può fermare, o se si può scendere, anche in corsa, anche a rischio di farsi male.
No, non si può fare niente.
Io non posso fare niente.
Posso solo stare a guardare questa merda di giostra del cazzo che gira all’infinito, mi tocca buttar via zucchero filato e i biglietti della pesca per far cosa poi?
Stare a guardare. Stare a guardare e basta. Senza coda ne’ niente da lanciare.