giovedì 21 maggio 2009

consapevolezza? mah. la sua, saggezza

trovo salutare restare solo per la maggior parte del tempo. essere in compagnia, anche dei migliori, provoca subito noia e dispersioni. amo restare solo. non trovai mai un compagno che fosse tanto buon compagno della solitudine. per la maggior parte, noi siamo più soli quando usciamo tra gli uomini che quando restiamo in camera nostra. un uomo che pensi o lavori è sempre solo - lasciatelo stare dove vuole. la solitudine non è misurata dalle miglia di distanza che si frappongono fra un uomo e il suo prossimo. lo studente realmente studioso è un solitario, in uno degli affollati alveari di harvard, come derviscio nel deserto. il contadino può lavorare da solo per tutto il giorno, nel campo o nel bosco, zappando o tagliando legna, e non sentirsi tale perchè ha qualcosa da fare; ma a sera, quando torna a casa, non può sedersi da solo in una stanza, alla mercè dei suoi pensieri, ma deve stare dove può "vedere gente", e svagarsi - come s'immagina - remunerare sè stesso per la sua solitudine giornaliera; pertanto, egli si meraviglia come mai lo studente di giorno possa sedere, solo, in casa, per tutta la notte e gran parte del giorno, senza noia e pensieri neri; non capisce che lo studente, sebbene in casa, sta ancora lavorando il suo campo e sta tagliando nel suo bosco, come il contadino, e che a sua volta cerca lo stesso divertimento di quest'ultimo, sebbene, magari, in una forma più condensata.
di solito la compagnia è troppo da poco. c'incontriamo a intervalli molto brevi, non avendo avuto il tempo di acquisire qualsiasi nuovo valore reciproco. c'incontriamo ai pasti tre volte al giorno, e reciprocamente offriamo un nuovo assaggio di quel vecchio formaggio ammuffito che siamo. abbiamo dovuto metterci d'accordo su una certa serie di regole, chiamate gentilezza ed etichetta, per rendere tollerabile questo frequente incontro, e così che non sia necessario venire ai ferri corti. c'incontriamo all'ufficio postale, alle riunioni, e presso il fuoco, ogni notte; viviamo l'uno troppo appresso all'altro e ci intralciamo a vicenda, inciampiamo l'uno sopra l'altro, e credo che così perdiamo un certo mutuo rispetto. certamente, per tutte le comunicazioni importanti e cordiali basterebbe meno frequenza. pensate alle ragazze della fabbrica - mai sole, e tali appena appena nei loro sogni. sarebbe meglio se ci fosse un solo abitante per miglio quadrato, come dove io vivo.
il valore di un uomo non è nella sua pelle, così non occorre toccarlo.


pag 201 - 202, Walden, E. Thoreau