giovedì 17 settembre 2009

La grande avventura

In ogni avventura che si rispetti, ci sono un sacco di personaggi; tutti i personaggi delle avventure si dividono in due categorie: i buoni e i cattivi.

Nell’avventura che sto per raccontare però, ci sono i buoni i cattivi e gli incompresi, cioè quelli che non si sa in che categoria includere.

L’avventura che ora vi racconto inizia dalla fine, cioè dalla prova più grande: sopravvivere. Superata la prova della morte, ci sono altre mille prove che il protagonista deve affrontare: prove fisiche e prove d’intelligenza.

Le prove fisiche richiedono costante impegno e incredibile tenacia: il corpo dell’eroe, catapultato da un giorno all’altro in un mondo fantastico pieno di mostri alabarde e streghe e nani buoni e cattivi e incompresi, non è abituato a tanto sforzo. Il protagonista si deve preparare a superare le prove più dure: sollevamento pesi, resistenza, agilità ed equilibrio.

Le prove d’intelligenza invece sono molto più complicate: si tratta di indovinelli e trabocchetti, indovinare parole e nomi di persone e cose senza il minimo indizio, in alcune prove bisogna rispondere a domande le cui risposte potrebbero sembrare scioccamente ovvie, ma alle quali è praticamente impossibile rispondere in un momento di forte agitazione, ma d’altronde quale eroe vorrebbe mai trovarsi in una situazione del genere? Chi mai vorrebbe trovarsi così, inerme senza la minima preparazione, ad affrontare una tale quantità di prove? Io credo nessuno. Ma a volte le avventure che si vivono non si possono scegliere.

Io però, nel narrare questa avventura, preferisco lasciar tranquillo l’eroe, che la sua avventura se la sta vivendo tutta senza esclusione di colpi e ce la sta facendo alla grande.

Io per ora preferisco parlare dei personaggi. Non saprei se iniziare dai buoni o dai cattivi. O dagli incompresi.

Anzi facciamo così, inzio dalla fine e procedo in ordine di apparizione.

L’amico sfuggente del papà: questo piccolo personaggio curioso non so se inserirlo nei buoni e nei cattivi, ecco quindi che ci troviamo subito ad avere a che fare con un incompreso. Nessuno è mai riuscito veramente a capire a chi si riferisse il papà nominando l’amico sfuggente, perché di “quello piccolo, abbronzato, con gli occhialetti e i capelli corti” ce n’erano due. L’abbronzatissimo amico sfuggente del papà, credo, è quello che ha dato inizio al gioco. Fu lui ad avvisarci del fatto che l’avventura era iniziata e che la prova più grande avrebbe avuto inizio quella notte in cui lo conoscemmo. Già, perché la prova più grande ha avuto la durata di 25 giorni. Eh oh, è una prova grande.

E’ per questo che non ci è tanto simpatico. Bisogna anche dire però che ce ne sono di più antipatici di lui da descrivere, quindi facciamo che si è giocato il jolly e fa parte degli incompresi.

Il dott. Conti: eh, lui sì che sa dissimulare la nobiltà che gli conferisce il suo titolo. Lo dissimula così bene che con quel pancione fasciato dal camice candido e trasportato dai suoi zoccoli immacolati potrebbe assomigliare più a un macellaio che a un dottore. Però non ha sbagliato un colpo ed ha aiutato l’eroe a superare la prima prova. Quindi si merita di far parte di quelli buoni.

Ma Conti è strano.

Conti non ha mai capito una battuta. Non l’ho mai visto sorridere. Mai visto ridere. Anzi sì, ma non ho capito perché. Conti non ha mai detto una parola in più ne’ una in meno. Conti parla come wikipedia .

Ho quasi il sospetto che Conti non sia un personaggio umano, ma umanoide, perché non ho mai intravisto nel suo sguardo l’ombra di un sentimento. Conti non sente la stanchezza, per lui i turni di lavoro non esistono, il lavoro dà vita e le ferie che si fottano. Se hanno chiamato lui nonostante fosse in vacanza da un giorno è perchè "eh, era urgente", che domande.

Credo che Conti non abbia impulsi di nessun tipo. Me lo sono immaginato una volta, come si sarebbe comportato in una situazione del tipo: Conti ha davanti una donna nuda, a gambe aperte. Il perché della nudità della signorina dovrebbe essere intuibile ai più, ma il dottore, dopo un’attenta valutazione della situazione, e considerata la drammaticità della stessa, probabilmente non cercherebbe neppure lo sguardo dei suoi assistenti e guardando a terra con un’espressione che significa “go visto de pezo” sentenzierebbe “suturiamo”.

Mortisia: alias il dottor Violo. L’uccello del malaugurio. Lui siiii che ama complicare le situazioni! Come ci si fa a fidare di un personaggio sibillino che quando trasmette le informazioni non guarda negli occhi e agita le ginocchia dentro e fuori in maniera compulsiva come se si stesse ventilando le balle?

Bah. Il papà lo vorrebbe mettere tra i buoni perché alla fine lui aveva trovato la chiave di volta per interpretare i suoi criptici messaggi, ma mettiamolo tra gli incompresi e sono anche troppo buona.

La dottoressa cattiva. La dottoressa cattiva è buona. Piccoletta tutto nervo, anche se ha tentato di tendere qualche tranello mettendo a dura prova la resistenza psicofisica dei sostenitori dell’eroe va messa tra i buoni per una questione di pathos. A quanto pare è mamma anche lei.

Il dottor tesoro. Bello lui. Ha dato a mio padre del gentiluomo e a me ha detto “tesoro” (aahhhhn….) ed è bello. Chiunque vorrebbe un personaggio così nella propria avventura, uno di quelli discreti ma che infonde sicurezza. Però per punizione va di corsa tra i cattivi.

Se la fa con la tipa sbagliata.

Il dottor Lazzari: a lui va il trofeo del più buono tra i buoni! Al dottor Lazzari piace un sacco l’arancione: i suoi occhi vispi e bonari sono circondati da occhiali dalla montatura arancione. Al collo ha uno sgargiante stetoscopio a raggi laser arancione, al polso porta un orologio che è un minicomputer arancione e ai piedi porta un fantastico paio di crocs arancioni alate. L’ultima volta che l’ho visto in testa aveva una cuffia arancione, di quelle che permettono di trasferirsi col pensiero da un posto all’altro senza muoversi, e senza avvisare, con sommo stupore di tutti.

Il dottor Lazzari ha un po’ la faccia da frate tac ma non è ciccione.

Il dottor Lazzari è magico ed è buono, davvero.

Lui è stato l’unico a riconoscere che “eh no, questo non è Pingu, questo è suo fratello, è più piccolo.”

La dottoressa stronza. Ah, nonostante sia stata catalogata per direttissima come iperkattiva, è un personaggio di cui adoro parlare. La dottoressa stronza è riuscita a sfiorare una denuncia per omissione di soccorso all’interno di una corsia di ospedale. La dottoressa stronza è figa. La dotteressa stronza è una di quelle che al bar chiede un decaffeinato d’orzo in tazza grande tiepido e macchiato latte di soia solo schiuma (e con sb**ra a parte nda -fredda, secondo mio fratello).

La dottoressa stronza in verità mi sta un sacco sui maroni perché a detta di molti se la faceva col dottor tesoro, perché li si vedeva sempre assieme.

Anche se mi secca tantissimo ammetterlo la tipa qua deve avere due palle cubiche, per essere arrivata dov’è ora. Il mondo della chirurgia è uno dei più maschilisti che esistano. Quindi BRAAAAVA BRAAAAVA dottoressa stronza, però mi stai sui maroni lo stesso.

Ah, nemmeno lei capisce le battute.

La Rosetta : la Rosetta è una carnefice, ma va tra i buoni. Infermiera iperfriulana dalla parlata indecifrabile, con gli accenti tutti storti e la facciona impallinata di lentiggini. Quando si sente arrivare la Rosetta non si sa se essere contenti o disperarsi. Ma forse, quello che si sarebbe dovuto disperare di più è Pingu.

Pingu: Lui è un buono, è il piccolo aiutante magico dell’eroe. Costato ben 18 euro in un negozio di giocattoli magici di Bologna non ha abbandonato l’eroe neanche un secondo. Un pinguino valoroso, di pinguini come lui ce ne sono davvero pochi al mondo. Ha affrontato tutte le prove assieme all’eroe ma l’unico vero ostacolo l’ha trovato quando ha incontrato la Rosetta, la sua aguzzina. La Rosetta è più grossa di lui e l’ha sopraffatto solo per superiorità fisica, non c’è altro motivo. Ogni qualvolta lei apparisse con i maroni un pelino più girati del solito, Pingu sapeva quale sarebbe stato il suo destino: sarebbe finito ad ali annodate dietro la schiena a fissare il muro in un angolo, E A PENSARE A QUÉLO CHE L’AVÉA FATO O DITO, PARCHÉ NO SE POLE ANDARE AVANTI CUSSÍ.


to be continued and modified...