lunedì 19 luglio 2010

Giorni umidi

Saigon.
No, mentira, Iguazu. È che per certi versi mi sembrava di essere in vietnam, se davvero il vietnam è come lo si vede nei film. Nel parco di Iguazu la vegetazione è fittissima e impenetrabile, da lontano si sentono i versi di chissà quali animali e con la pioggia e le nuvole la selva e il fiume avevano un'aspetto tetrissimo. Per quanto mi riguarda in ogni caso, la prima cosa che ho pensato quando sono salita sul motoscafo per andare a vedere le cascate è che a costo della vita dovevo assolutamente andare a prendere Kurtz.
No mentira anche questa, la prima cosa che ho pensato quando sono salita sul gommone è stata “chi me l'ha fatto fare”.
Nel post precedente ho scritto che sul rio paranà ho affrontato una delle mie più grandi paure, ma non ho specificato se l'avevo superata o no. Ebbene, la risposta è NO e questo fine settimana ho avuto la prova dell'assoluta malignità di questo elemento perverso e traditore qual'è l'acqua.
Per andare a visitare le cascate di Iguazu abbiamo scelto il periodo migliore, cioè l'inizio dell'inverno e due giorni di pioggia non stop.
Ok che come ha detto un tipo champagneconspeed amico dell'
hombre (…) “a Iguazu con lluvia o sin lluvia igual te mojas”, però con una pioggia così battente andare alle cascate è stata un'esperienza assurda perchè sembrava che piovesse da sopra, da sotto, e a volte anche di lato.
C'è di buono nel vedere i film sul Vietnam che impari un sacco di cose sulle zone molto umide. Così, ho seguito il consiglio del tenente Dan,e sono riuscita a tenere i piedi all'asciutto portandomi dietro gli scarponi da montagna e un sacco di calzini di ricambio. I due imbecilli che sono venuti con me invece, non hanno visto forrest gump, così uno è venuto con le scarpettine radicalindiechic di teletta, e quell'altro non lo calcolo, per me potrebbe essere annegato. Chiedo scusa per quest'impeto di violenza, è che in questi giorni mi sono resa conto di quanto noiosi e pappemolli siano i miei compagni di avventura.
Comunque capisco perchè Iguazu sia considerata una delle meraviglie del mondo. Il fatto è che non è che sei li e guardi e dici “uau che bello” o “che meraviglia”, no, sei li, guardi, e taci perchè non trovi le parole per descrivere quello che vedi, vorresti fare un sacco di foto per portarle a casa e dire “guarda quanta cazzo di acqua” ma le foto non rendono l'idea della portata d'acqua che precipita giù in fondo dentro alla gola del diavolo. Non è che sia “bello” nel senso stretto del termine, è spaventoso, allucinante, stupefacente e meraviglioso. Il fiume scorre tranquillo e silenzioso e non è nemmeno tanto profondo, non c'è molta corrente, ma ad un certo punto il letto sembra rompersi di netto e precipitare per non so quanti cazzo di metri e ciò che si crea è come una bolla gigantesca di acqua bianca e verde che cadendo diffonde un boato apocalittico che si sente anche da lontano.
Tutto questo si vede “da sopra” cioè dalle passerelle che arrivano fino alla garganta del diavolo, che è praticamente il salto più impressionante.
Abbiamo anche fatto un giretto in gommone a remi lungo uno dei bracci del fiume per avvistare qualche bestia ma oltre a me abbiamo visto solo un paio di caimani e un uccello tipo pavone in miniatura. Le scimmie erano nascoste perchè pioveva. Il giro in gommone non è stato male, ma ho preferito nettamente l'intimità dell'esperienza in kaiak sul paranà perchè c'eravamo solo noi pochi con l'amico Nelson e il fiume era tutto per noi. Iguazu invece, come è logico che sia, è un parco giochi mangia turisti.
Dopo il gommone e un pasto frugale, è iniziata la gran aventura, che prevedeva 8 km di jeep scoperta, ovviamente sotto una pioggia implacabile, e un giretto in gommone a motore sotto le cascate.
Il giro in jeep in mezzo alla jungla è stato bello, o almeno credo, visto che considerando che mi pioveva direttamente dentro agli occhi non sono riuscita a vedere moltissimo.
Il giro in gommone invece è stato bellissimo ma tremendo e credo di averci lasciato qualche mese di vita in cambio di un paio di capelli bianchi in più.
Non sto esagerando. Mi sono letteralmente cagata in mano e a na certa volevo quasi chiedere di attraccare e farmi scendere, magari dal lato brasiliano. Ovviamente questa ipotesi l'ho scartata nello stesso momento in cui l'ho pensata, ma ho desiderato tantissimo che questa cosa terminasse nel più breve tempo possibile. Il motoscafista ci ha portati fino sotto alla gola del diavolo, dove la corrente è fortissima e le onde sono altissime. La barca si alzava e si schiantava sulle onde violentemente e ogni volta che succedeva ovviamente mi immaginavo quanta gente sarebbe venuta al mio funerale e se mai avrebbero trovato il mio corpo.
Inoltre, siamo andati a infilarci direttamente sotto alle cascate, apposta, ma davvero l'obiettivo era inzupparsi e probabilmente con qualche grado in più sarebbe stato proprio una figata ma una volta usciti dalle cascate eravamo sotto l'acqua di nuovo e ci siamo rimasti fino a che non siamo risaliti sul bus verso porto iguazu. Ero completamente fradicia ma i piedi li avevo al caldo.
No dai, iguazu è una figata.
Non posso dire lo stesso dei due uomini che erano con me, i due francesi. Purtroppo non parlano molto bene lo spagnolo e ancora meno lo capiscono, molte volte fanno fatica a capire anche me con il risultato che loro due passano delle piacevolissime ore conversando dei loro “uè se sa sé asì se pa vrè” e io non capisco una cippalippa, e quando provano a dire qualchecosa in castigliano fanno commenti sul tempo o domande idiotissime come fa l'
hombrecito, che mi chiede come mai l'albergo non sia pieno o se la stufetta che c'era nelle stanze facesse solo luce o anche caldo. Ah si perchè poi siam dovuti andare in un residencial carissimo e anche abbastanza merdoso, perchè non si fidavano di andare in un ostello con gente sconosciuta. Vabè.
Il giorno dopo siamo andati in Brasile e il timbro che ho sul passaporto è la prova inconfutabile che abbiamo attraversato la frontiera. Foz de Iguazu in inverno di domenica con la pioggia è più triste di Liettoli in dicembre con la nebbia. Così abbiamo attraversato la frontiera, siamo scesi dal bus, abbiamo camminato per una cuadra, siamo ritornati alla stazione dei bus e siamo ripartiti in direzione Puerto Iguazu. Il tutto nel giro di un'ora.
Fantastico.
Abbiamo pranzato in un ristorante abbastanza lussuoso e io e l'
hombre (detto anche dos puñetas) abbiamo preso uno di quei pesci con i nomi strani che ci sono anche nel Paranà, che alla fine sono anche buoni. Ci siamo concessi un'ultima tappa di lusso prima di ritornare al barrio, così tanto per ricordarci da dove veniamo e cosa non vedremo per un altro mese almeno.
Prima di ripartire siamo andati a vedere l'aripuca, che da quanto ho capito è una trappola per uccelli che usano gli indios guaranì, ma quest'aripuca qua è fatta con tronchi di alberi praticamente millenari della selva misionera, ed è enormissima. Solo che non ho capito a cosa serva. Attorno a sta aripuca ci sono un altro paio di costruzioni tipiche guarani e un piccolo mercato di artigianato indio. Inoltre, c'era una famigliola di indios che cantava ininterrottamente una canzone tradizionale (credo) e un altro vecchino dentro a un tronco enorme che suonava il violino. E' stato molto triste come spettacolo.
Il bello di questa giornata è stato l'incontro con la proprietaria di un negozio di tessuti che abbiamo conosciuto andando verso il terminal di bus. Avevo adocchiato il suo negozio fin da venerdì sera perchè esponeva dei ponchos bellissimi, molto più belli di quelli che vendevano i negozietti di souvenir. Così oggi ci sono ritornata per fare un po' di spese per me e mia mamma, e siccome ero molto indecisa su cosa prendere, la sosta è durata per un bel po'. Così abbiamo iniziato a chiacchierare con la padrona e suo marito, e abbiamo scoperto che la signora è di Posadas e che ha iniziato la sua attività proprio grazie al microcredito di jardin de los ninos. E' stato un incontro pazzesco, uno di quei momenti in cui uno si chiede perchè certe cose accadono e perchè accadono in una determinata maniera. La signora in questione mi ha raccontato che ha iniziato a tessere seguendo i corsi al centro educativo (così mi pare d'aver capito) perchè si trovava in un periodo della sua vita molto buio: stava cercando di uscire da una forte depressione dovuta a due operazioni al cervello che aveva subito, a causa di un aneurisma e di una malformazione venosa.inoltre,le hanno trovato un altro aneurisma sul lato sinistro, ma ha deciso di non operarsi e di lasciare che il destino segua il suo corso. Nel frattempo si è cercata una passione e una ragione per andare avanti, e lei l'ha trovato nella tessitura artigianale....quando le ho raccontato cosa avessimo in comune ci son venuti i lucciconi a tutte e due e per qualche secondo siamo rimaste in silenzio ad osservarci reciprocamente e ad osservare quanto sia assurda la vita a volte. Ora la sua attività è molto ben avviata e non beneficia più del microcredito perchè le risulta scomodo recarsi a Posadas (son 300 km iguazu-posadas), però si è trasferita a Puerto Iguazu per ingrandire la sua attività e aumentare le vendite, e ora vende anche all'estero e spedisce le sue opere in lana merinos e di lama perfino in Norvegia.
Senza dubbio questa piccola parentesi nel negozietto di ponchos ha risollevato le sorti di due giorni un po' così, senza arte ne' parte, ne' carne ne' pesce, non zuppa ma sicuramente pan bagnato.

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