lunedì 15 marzo 2010

la mia puntata di scrubs

Guardare una puntata di scrubs prima di andare a letto è per me una terapia. terapia d’urto terapia del riso e terapia del dolore.
Quando è successo quello che è successo ho temuto di non riuscire più a vedere nessuna serie televisiva di quelle girate negli ospedali. Tipo e.r. o scrubs. Mi ricordo che una ventina di giorni dopo il 4 giugno 2009 io e mio papà abbiamo visto una puntata (di quelle delle prime serie) di e.r. e durante quella puntata c’era qualcuno nonmiricordochi che aveva un’emorragia cerebrale. Quando il medico nonmiricordoneanche spiegava cos’era successo al parente della vittima in questione, mi sforzavo di trovare conferme in quello che i medici avevano detto a noi (e in quello che avevo letto su wikipedia). Per fortuna combaciava tutto.
Per fortuna nel senso che così era palese che a mia mamma non fosse successo niente di più o niente di diverso rispetto a quello che aveva avuto la persona nella puntata di e.r. e questa cosa mi faceva sembrare il tutto più tollerabile.
Comunque ho fatto fatica ad arrivare alla fine della puntata.
Con scrubs però è diverso. A parte che è la miglior serie al mondo e che tutti dovrebbero vederla, nella serie in questione ogni piccolo dramma oggetto delle puntate è interpretato e rappresentato con estremo cinismo e ironia, anche con un po’ di sadismo, anche quando i protagonisti parlano delle patologie dei pazienti. Mi ci ritrovo molto. Alla fine bisogna sopravvivere e per sopravvivere credo sia il caso di esorcizzare (occhio, non sdrammatizzare) le proprie angosce , e ognuno deve farlo come meglio crede.
A volte faccio delle uscite davvero feroci quando parlo di questa storia, cazzo mi faccio ridere da sola ma a volte non mi rendo conto che il mio interlocutore può sentirsi in difficoltà. In verità è anche questo l’aspetto divertente della cosa, cioè mettere nell’imbarazzo più imbarazzoso quella persona che, parlando con me di mia madre, non vuole ne’ commiserarmi ne’ essere insensibile. E’ facile mettere in difficoltà la gente. Tipo quando mi dicono “ma va in mona de to mare” (di solito il gelo cade dopo un nanosecondo) mi piace rispondere con “eh poretta….”.
Oh è successo anche a me di fare ste gaffe demmerda, adesso mi diverto io. Farsi troppe paranoie è inutile, preferisco la schiettezza ma non sopporto chi fa finta di capire. E non sopporto neanche chi se ne sbatte totalmente.
Chi fa finta di capire son quelle persone che all’occorrenza se la telano, o che mi ritorcono contro il fatto che non riesco a rilassare i nervi, a sbloccare i muscoli o a essere sempre pronta a fare la oyeahsimpatica. A ma pareva chiaro che fosse per un motivo ovvio e mi secca tantissimo doverlo ricordare a volte, anche perché mi sembra di utilizzare questa sfiga come un attenuante per giustificare la mia irritabilità, quando invece forse, ma forse, ne è semplicemente la causa.
Quelli che invece se ne sbattono o si ripuliscono la coscienza con un “come sta tua mamma” ,e solitamente lo fanno in una situazione totalmente inopportuna, mi fanno stare male.
Mi fanno stare male perché sono sempre (beh ovviamente) persone che mi conoscono bene,che stanno a stretto contatto con me e dalle quali non mi sarei aspettata un simile comportamento. Sono persone che scelgono (io credo sia così) di ignorare tutto in modo da non potermi giustificare mai, e cadono in fallo poi quando pretendono da me comprensione perché oggi al bar qualcuno gli ha rubato l’ultimo panino col salame.
Quello che è capitato mi ha catapultato in una specie di limbo in cui non so chi sono e come mi sto comportando.
Sento che ora, meno di sempre, riesco a sintonizzare le mie frequenze con quelle degli altri. E temo che per me sarà sempre più difficile poterlo fare. Sarà sempre più difficile far capire a chi mi sta attorno che dentro la mia testa ci sono settemilamiliardi di scadenze che bisogna rispettare e che per lo meno per il 50% non riguarda direttamente la mia vita ma che influenzano il restante 50% di scadenze che ovviamente, hanno a che fare con l università. Faccio fatica ad accettare ed a esternare il fatto che tra i miei disorganizzatissimi emisferi la comunicazione avviene in maniera fallace e intermittente. Sono sempre più convinta che le conseguenze di un trauma cerebrale possano essere trasmesse a chi sta attorno al cerebroleso (uuuuuu il parolone) anche perché non è una cosa che riguarda solo me (puntinipuntinipuntini).
Credo che sarà sempre più difficile sincronizzare le mie frequenze con quelle del mondo.
Ed ho il fondatissimo timore che se le cose continuano così la mia inquietudine sarà infinita.



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2 commenti:

  1. Mi sono sempre chiesto cosa porti le persone a tenere un blog, cosa le spinga a dare in pasto a chiunque i propri pensieri. Voglio dire, io un blog non ce l'ho e non ne sento l'esigenza; se l'avessi credo che non ci scriverei comunque, pigro come sono.
    Ma leggendo questo ho capito perché ci scrivi: perché ti serve come sfogo, innanzitutto, e anche perché qualcun altro possa leggere, così come ho fatto io oggi. Per cui mi viene da pensare che se permetti agli altri di leggerti, ti aspetti anche una risposta, un cenno... Non dico sempre, ma almeno qualche volta. E allora ti scrivo.
    C'è una terza categoria di persone che hai dimenticato (o volutamente hai evitato) di citare: quelli come me, le merde. Con la scusa che non ci sentiamo/vediamo da anni, quando mi è stato riferito quello che ti è capitato non mi sono fatto vivo in nessun modo. Pigrizia? Stupidità? Penso, soprattutto, un profondo senso di inadeguatezza.
    Mi dispiace per quello che ti è successo, mi dispiace che ti condizioni fino a questo punto. E mi dispiace di non aver fatto niente per starti vicino, per comunicarti che è vero che non posso capire come ti senti, ma che almeno mi interesso a te e al tuo dolore.
    Ti ringrazio per quello che hai scritto, perché pur non essendomi sforzato minimamente di farmi sentire in tutto questo tempo mi hai dato modo di avere una sorta di dialogo con te, oltre che una notevole lezione di vita: non credo di meritare tanto.
    Perdonami se puoi, anche se, in quanto merda, non mi firmo.

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  2. caro merda, prima di tutto sappi che ora ti odio un punto in più perchè hai scatenato in me una curiosità malata.
    poi, se come scrivi non ci vediamo/sentiamo da anni, fossi in te non mi preoccuperei più di tanto e magari il senso di inadeguatezza è pure comprensibile...l'appoggio che mi aspettavo (e aspetto) in teoria dovrebbe arrivare da quelle persone con cui condivido, esempio, l'aria.
    ma tant'è.
    in ogni caso grazie (davvero!) per aver letto risposto e accennato.

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