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venerdì 31 dicembre 2010

carta (llena de) faltas para juan martin

Querido Juan Martin,
este que voy a escribir es una especie de informe de fin de a
ño. Decidì dedicartelo por distintas razones que despacito te voy a explicar.
En estos meses no hice nada. En realidad hice muy poco desde que volvì de Argentina. Por motivos que ya conoces porque te los contè, desde que bajè del avion mi vida se parò, se inmovilizò.
Me doy cuenta de que me paso los dias mirandome alrededor, contando las cosas que no me gustan y deprimendome por lo que no puedo hacer para cambiarlas. Y no puedo porque no puedo volver atràs en el tiempo, no puedo prever el futuro y no me siento due
ña de mi presente.
Y de este ultimo aspecto me di cuenta el dia de navidad. Iba por el trabajo, en coche. Llovìa, mi auto saliò de la ruta, dio vueltas, y parò su carrera contra otro auto que llegaba del otro lado. No me hice nada. Pero mientras el coche volteaba en el medio de la ruta pensaba, tuve tiempo de hacerlo. Ni siquera tuve miedo porque me di cuenta de todo lo que estaba pasando. En una fracciòn de segundo pensè en porque estaba pasando, que talvez lo querìa, tal vez el fondo habìa llegado. Pero no, en realidad no. Estaba solo muy cansada. Como vi que no podìa hacer nada para parar el coche quitè las manos del volante, los pies de los pedales, recogì mis brazos y esperè que el tiovivo se parase.
Me di cuenta de que es asì que andan las cosas desde que volvì, pero el tiovivo no va tan rapido como mi coche. Es un tiovivo aburrido, que anda despacio, y no hay nada interesante que ver desde el asiento.
Pienso, como es obvio que sea, en como estaba cuando estuve en Posadas. Me alimentaba del entusiasmo de vivir que descubrì viviendo ahì. Y por favor, no quiero que pienses que ahora estoy por decirte todas esas cosas que te pueden decir los chicos que conoces en el baluch: en tu tierra no encontrè mucha fiesta baile y asado. No vi el tango, no me gustò Buenos Aires, ya sabes que no me gustan los machos latinos y no pintè la cara a los ni
ñitos del barrio. En tu paìs tuve la oportunidad de ser como soy y de darme cuenta que tambièn sola puedo hacer muchas cosas. Hasta puedo luchar contra el miedo a las cucarachas en la ducha. En tu paìs tuve la oportunidad de conocer a gente que aparece exactamente como es. tal vez tuve simplemente mucha suerte, yo qué sé!
Te acuerdas de que te dije que despuès todo lo que vivì en el ultimo a
ño no necesitaba a nadie y a nada? Pues...estaba muy confudida Juan Martìn....en ese momento no necesitaba a nadie y nada porque ahì lo tenìa todo. Tenìa buena gente, buena onda, buena vida. Seguìa viendo lo bueno y buscando lo malo de las cosas para no ilusionarme demasiado, pero una vez encontradas las dos caras de la moneda, seguìa siendo feliz.
Todo eso me parecìa muy normal. Quiero decir que para mi eso es lo normal.
Y ahora me muero por encontrar acà algo de esa normalidad. Sue
ño con despertarme cada dìa curiosa de lo que puedo descubrir y conocer. Me gustarìa que aunque no en un paìs naturalmente alucinante como argentina, mi vida fuera un normal continuum de descubrimientos.
Entiendes porque te estoy escribiendo a ti?
Es porque me gustarìa que todos los dìas fuesen como el dia en que nos conocimos, tù, Bianca e yo.
Tranquilos, simples pero ùnicos y especiales.
Simplente por eso querìa dedicarte estas palabras, porque a menudo pienso como me gustarìa que fuesen mis dìas y pienso en aquel dìa. Pienso que me gustaria encontrarte de nuevo o encontrar a alguien nuevo pero de aquella manera.
Tù que opinas Juan Martin, puede ser?Y còmo se hace?
Te deseo mucha suerte y felicidad, te deseo de verdad que seas, y que seamos felices todos los dìas y para siempre.
Hasta pronto che.






nel bus da cordoba a buenos aires ascoltavo questo e sapevo che, come quando me n'ero andata da bologna, avrei perso qualcosa per strada

martedì 31 agosto 2010

primi giorni in padania

Ok che non so dove sto andando ma so che ci sto andando, ma non ho neanche più l'età per rubare le parole alle canzoni dei bandabardò. Cristo dio no,basta.
Sono tornata esattamente da due settimane ma la botta da ritorno mi è arrivata qualche giorno fa. Mi è arrivata una cinquina di senso di inadeguatezza direttamente sugli occhi aperti e fa malissimo!
Sabato mi sono fermata, sono stata tutto il giorno seduta guardando il nulla e forse godendo del fatto che i miei non ci sono e in casa regna un po' di calma. Silenzio, avevo bisogno di niente, c'era la tv accesa ma sinceramente non mi ricordo cosa stavo guardando.
Mi sento tremendamente male. Mi sento molto a disagio perché quello che sto vivendo è un doppio ritorno, ritorno da bologna e ritorno dall'argentina e come prevedevo ma anche di più mi sento molto ma molto male.
Sto soffrendo molto il fatto di stare a casa con i miei, mi sento ingabbiata perchè molto spesso (tipo tutti i giorni) devo badare a mia madre e fare ciò mi prosciuga psicoelogicamente. E ovviamente come prevedevo e anche di più, fare ciò mi toglie assolutamente tutto il tempo di stare sulla tesi, e il mio piano di scrivere almeno un capitolo intero perfetto finito entro la fine di agosto è andata in fumo. Mi vergogno tantissimo ma è così, ho fatto male i conti, calibrato male i tempi e ora mi ritrovo con una mole allucinante di roba da leggere ancora e dati da analizzare e roba da scrivere e di tempo utile ne ho poco, tipo 2 3 ore al giorno.
Così oggi ho sentenziato: marzo. Ho comunicato a chi di dovere e ora mi sono tolta un enorme palla di pelo dallo stomaco.
Anzi no. In verità mi sento ancora come se avessi masticato un chiodo di garofano, tipo quando lo trovo nel ragù. Porca troia, è che proprio mi sento a disagio! Ok, ormai ho deciso, andiamo a marzo, ma puttanaccia di una eva, che due coglioni! Ancora! Fino a marzo uniboh, santa maradona, è un travaglio uscire da sta università! E mi sto da matti sui coglioni perchè se ci penso intensamente mi rendo conto che forse mi va bene aspettare ancora un po' prima di lanciarmi allo sbaraglio. Oppure no? Insomma, sono confusa, mi sento tipo legata al polsi e come se qualcuno tirasse da una parte e qualchedun altro dall'altra.
E' che sostanzialmente ho bisogno di prendere un ritmo mio qua in padania e trovare un senso alle cose che faccio. Tipo, in teoria da domani inizio a lavorare. Vado a fare la cameriera in pizzeria a noventa padovana.
E messa così suona tipo fiiico ho due biglietti per la prima fila al funerale di michael jackson.
Però è così, e se tutto va bene vado a stare con i miei amici. A mezzo km da casa. Non so a quanto servirà tutto ciò. Nel senso che ho paura di diventare matta per niente, fare un trasloco, investire in mobili, dovermi adattare a una nuova convivenza e in realtà, non conquistare neanche un briciolo di indipendenza. Indipendenza ovviamente dal delirio che c'è in casa dai miei. E questo perchè sono troppo vicina, troppo a portata di mano, troppo nel mirino e quindi, sostanzialmente, nella merda tanto quanto prima.
Guardo avanti e vedo nero come la pece. E invece no non è vero, c'è quella cazzo di lucina che mi inquieta. È lontana piccolina ma costante. Mi toglie il sonno la notte mi toglie anche un po' di concentrazione, mi fa sentire disadattata in mezzo alla gente mi fa alcolizzare alle feste mi fa essere monotematica.
Io stavo bene dove stavo due settimane fa.
E' così punto e basta e ci devo ragionare seriamente su.
E questa cosa la si può interpretare sotto svariati punti di vista. Ovviamente il kilometraggio tra me e il caos mi permetteva di uscire dalla mira del franco tiratore (mio papà) e mi sentivo effervescentemente serena. Mi andavano bene anche le cucarachas nella doccia, aspettavo solo di abituarmici e sul più bello son sparite. Ero riuscita a regolarizzare il mio bioritmo e facevo paura, a letto alle dieci e mezza e sveglia alle sette e mezza. Schittone e cambi climatici a parte fisicamente mi sentivo una bomba. E' inutile poi che mi dilunghi sul fatto che il viaggio arricchisce e le opportunità e mettersi alla prova e blablabla. In verità ci ho pensato molto e forse il viajar por viajar non fa per me. Voglio dire che l'altro punto di vista è che se anche riuscissi a partire di nuovo entro breve non riuscirei ad accontentarmi di fare la backpacker per settordici mesi e girare per borsdelli a recuperare mesi e mesi di astinenza a cui mi sono constretta qua in italia e a far finire e iniziare il mio personale ramandan ogni 6 7 ore. Ci ho pensato, ho detto: dio bo mi faccio il culo mezzo anno mi metto da parte due soldi e dopo parto vado a vedere quello che mi resta da vedere e faccio come tutte quelle fie inglesi che viaggiavano da sole. So che non mi basterebbe perchè facendo così mi perderei una fetta bella grossa di torta al dulce de leche. E ora che so che gusto ha anche se stomaca vorrei mangiarne tutti i giorni un pochino.
Vabè vado a letto. Anche se mi sento come una bionda media quando uno aspetta che vada via un po' di schiuma per riuscire a bere.
Che metafora di merda.

domenica 15 agosto 2010

ultimi giorni

Questo è sicuramente il post più difficile da scrivere, perchè non lo voglio scrivere.
È l'ultimo, ultimo in riferimento alla mia avventura in argentina.
Sono atterrata venerdì mattina, dopo mille ore di volo, scomodissime, angoscianti, con insetti nel cibo. A madrid, come all'andata, sono atterrata alla parte completamente opposta a dove sarei dovuta reimbarcarmi, così ho dovuto di nuovo correre alla velocità della luce per recuperare il ritardo che aveva accumulato l'aereo che era partito da buenos aires.
Passo indietro.Durante l'ultima settimana di permanenza in argentina mi sono concessa una vacanza. Sono partita il 4 agosto da posadas, ho raccattato tutto di corsa, impacchettato le mie cose alla rinfusa, fatto finta di dover tornare il giorno dopo, quindi praticamente non ho salutato nessuno e se ho salutato l'ho fatto di corsa, senza darmi il tempo di intristirmi. Pensavo, e invece quando il crucero del norte ha fatto retromarcia per partire sono scoppiata in lacrime, salutando emilio ed enrico che mi hanno accompagnata in stazione. Mi aspettava una bella settimana di gite, ma non m'interessava in quel momento, mi dispiaceva tantissimo lasciare posadas e il barrio e l'ufficio microcredito, dove pagherei io per poterci lavorare.
Il viaggio da posadas a cordoba è stato un'agonia, quei 30 pesos di differenza tra il semi cama e il coche cama servono solo perchè durante il viaggio servono champagne e wisky, che avrei bevuto volentieri, se non ci fossero stati -20 gradi dentro al bus. Durante il viaggio ho dormito malissimo, e il perchè l'ho scoperto solo alla mattina, quando mi sono ritrovata a fare i disegnini sul ghiaccio del finestrino (sì, ghiaccio per dentro). Mi sono svegliata completamente bloccata sul versante destro, una meraviglia.
In compenso cordoba è una città davvero bella, più interessante di posadas e meno incasinata di buenos aires (anche perchè è grande lametà). L'ostello dove sono stata era proprio figo. (http://www.baluchbackpackers.com/).Ma che cazzo dico, non sono mai stata in ostello, non so dire se sia il più figo di tutti, ma io mi ci son trovata proprio bene: letti comodi, piumoni, bagni puliti, cucina grande, terrazza yeah, gente da ogni parte del mondo e soprattutto una azzeccatissima rima con bordello.
Il 98% dei packbackers è inglese o americana, quindi, indovinate un po'?non parla una parola di spagnolo, e in poche parole mi son dovuta spremere le meningi con un cacciavite per riuscire a comunicare con questa gente, e il più delle volte mi ritrovavo senza rendermi conto a rispondere con un terrificante itaspanglish di scarsa efficacia. Ma non importa! Il primo giorno ho gironzolato per la città, desiderando ardentemente una sedia a rotelle a causa della mia schiena dolorante. Ho visitato la manzana jesuitica (immancabile quasi in ogni città argentina), le università, il museo della memoria. I torturatori durante la dittatura se la passavano strabene, torturavano in pieno centro, senza aver bisogno di prendere i treni e fare i pendolari. Terrificante.
La sera sono collassata. Il giorno dopo è stato molto interessante, perchè mi sono permessa di fare la turista nel pieno significato del termine: ho fatto un'escursione a cavallo per la sierra chica.
Andare a cavallo è stata un'altra opportunità di superare un timore (non un terrore dai), cioè quello degli equini (e dei bovini e dei caprini e dei cervini). E' che non so, mi sembrano delle bestie così imprevedibili che mi fanno paura, non si sa mai se c'han voglia di tirarti una pedata, di staccarti un braccio a morsi o di buttarti giù. E in sostanza in cavalli sono animali che rispetto molto, non riesco a mangiarli perchè mi sembra di mangiare un cane, anche se la carne è superlativa. E mi fa strano dovergli dare calci nella pancia per farli camminare...vabè.
Comunque è stato FAN TA STI CO, la sierra non è spettacolare, ma vederla da una prospettiva diversa è meravigliosa, il gaucho marcelo mi aveva affidata a una meravigliosa cavallina di nome maria, una bestiolina dolcissima e moooolto prudente. L'unico problema era che quando qualcuno dava segnale al proprio cavallo di iniziare a correre, iniziava a correre anche lei, e poi bisognava fermarla, che per uno che non ha mai cavalcato non è esattamente un'impresa facile. Nella mia stessa situazione c'era sky, un ragazzo inglese di 33 anni, che una mattina si è svegliato, ha mollato morosa e lavoro ed è partito per il sudamerica. Insomma io e sto tipo eravamo sempre indietrissimo perchè i nostri cavalli erano moooolto prudenti, e durante la cavalcata m'ha attaccato una pezza interminabile in inglese, e io capivo la metà e gli rispondevo in itaspanglish. Durante la cavalcata abbiamo visitato il monumento all'indio bamba, protagonista di una storia cruentissima di morti di magie e di trombate con una spagnola che a quanto pare, era meglio se evitava. Dopo la cavalcata invece, ci aspettava un gigantesco asado, al ranch del gaucho marcelo.
È stata una giornata da ricordare, che ricorderò, ma che soprattutto ricordo adesso e ancora meglio se lo ricordano le mie chiappe e tutti quelli che mi hanno visto camminare come se avessi un palo in culo. Calvalcare non è per nulla una questione semplice.
Il giorno dopo sono andata ad alta gracia a visitare la casa di un vecchio compagno. Non l'avrei mai detto, ma in argentina maradona è decisamente più venerato di che guevara. Al museo non c'era tanta gente, la casa era poco indicata, essì che praticamente tutti i turisti vanno ad alta gracia per vedere la sua casa. All'interno ci sono dei suoi oggetti, delle foto, una copia identica della norton 500 e della garelli col motore che ha usato per andare a salta e jujuy, a nord.
Ad alta gracia di interessante c'è anche il museo di de falla, il compositore, e la estancia jesuitica (immancabile), ma tutto parrebbe molto più interessante se si fosse dotati di una schiena funzionante e di un palo in culo in meno. Così lì ci son rimasta poco e sono scappata a casa, perchè non stavo più in piedi. Una volta ritornata in ostello mi sono farcita di antinfiammatori e antidolorifici, così, quando juan martin, l'unico argentino in ostello, ha invitato me e bianca (una backpacker canadese) a bere fercola,cioè cocacola col fernet (uno schifo SCHIFO SCHIFO SCHIFO), non ho detto di no. Pareva dovesse essere una seratina tranquilla, e invece è andata a finire che si sono aperti vari flussi di coscienza (sempre perchè con la tequila che offro la gente non si trova mai troppo bene), e che si è andati molto d'accordo. Siamo finiti in una specie di disco rock, e quando siamo entrati non c'era anima viva. Poi si è riempita e stranamente non mettevano cumbia, ma musica figa! E insomma si scopre che il nostro martin fierro era papà di un bimbo di due anni, che ogni fine settimana andava a trovarlo da tucuman a cordoba (perchè ha divorziato dalla moglie e adesso il bimbo vive con lei)e per non intristirsi stava in ostello. Sto qui ha seguito un intero tour dei pearl jam in argentina o america latina (non ricordo) , ha vissuto con la sua tipa in una casa di legno in mezzo a un bosco facendo continue e ripetute esperienze che gli permettessero di entrare a stretto contatto con la natura, è inoltre musicista poliedrico. Un tipo interessante.
Con cosa faceva rima ostello?
Il giorno dopo io e altre girls siamo andate a sputtanarci il dineral al mercatino dell'artigianato, il mercatino più fantastico e meraviglioso che abbia mai visto, sopratutto perchè i prezzi erano abbordabili.
Ah, una cosa: se andate per ostelli, fate attenzione agli israeliani. Lungi da me generalizzare, ma ho notato che la rinomata passione degli israeliani per l'occupazione coatta di qualsivoglia tipo di territorio essi considerino libero, comprende anche l'occupazione degli spazi in comune, della cucina e dei pc a disposizione degli ospiti. Ho provato a prendere una pentola, mi hanno lanciato un terra-aria.
Tagliando corto, il giorno dopo ero a buenos aires, a concludere la storia proprio da dove era iniziata, cioè, dal sohostel. Questa volta non è andata benissimo come la prima, i letti del dormitorio sono più scomodi del cemento, e in 3 giorni sono riuscita a rendermi conto che l'aspetto pulizia si può nettamente migliorare (le cucarachas tra le posate no, per piacere).
Non c'era buena onda come quando sono arrivata a giugno, al mio arrivo ho trovato un sacco di brasiliani, che per quanto siano in grado di scatenare l'ormonella anche a suor germana, il più delle volte corrispondono talmente tanto al topico del brasiliano che l'effetto stimolante che riescono ad ottenere (almeno con me) è lo stesso che si ottiene quando si toccano le antenne delle lumachine. Per esempio, appena arrivata conosco charles, un figaus non da poco, ma che esordisce con : “oh che bello che dai due baci quando ti presenti, è bello condividere l'amore”.

mi chiede cosa faccio in argentina e glielo spiego, poi ovviamente gli giro la domanda ma dentro penso: se mi risponde “vivo”, gli sputo in un orecchio.
Mi risponde “vivo”.
eh. poco dopo parte in un soliloquio interminabile circa la malinconia dei bonaerensi, che non gli piace, perchè in brasile fanno mucha fiesta e sono tutti più allegri. Dopodichè si carica lo zaino sulle spalle e se ne va canticchiando i tribalistas. La prevedibilità dei più mi uccide il desiderio.
Ah, e come non ricordare il temibile micha!quel tipo dallo spagnolo incerto che mi ha accolto il primo giorno, ricordate?ebbene, sto personaggio è riuscito a farmi andare la colazione di traverso, perchè non ha trovato niente di meglio da fare alle nove del mattino, che chiedermi “ VOS CREES EN JESUS CRISTO?” con un tono inquisitore appena appena percettibile. ho cercato di essere diplomatica, ho finito per essere blasfema, ma l'unico modo per farlo smettere è stato andare a finire di fare colazione in stanza. Ma robe da matti!io li odio sti fanatici, ma perchè non si fanno i cazzi loro?io mai mi sarei sognata alle 8 della mattina di andare a parlargli del sistema morfosintattico delle lingue agglutinanti, quindi perchè cazzo mi devi chiedere se credo in gesu cristo?perchè non mi chiedi in cosa credo? E in più mi voleva convincere che per vivere non è importante avere un'opinione, perchè gesu cristo,che ci ha donato la vita, decide per noi. Ma che culo!E il giorno dopo di nuovo! Alle nove di mattina, di nuovo!mi chiede: te gusta jesus cristo?ma cossa xè, un gusto de geato? No grassie, mi preferisso gusto caco.
Vabè.
A causa della mia schiena ancora poco performante non sono riuscita a visitare per bene questa gigantesca città. Ho visto lo topico, casa rosada, plaza de mayo, caminito nel quartiere la boca, il cimitero della recoleta (dove c'è evita e altri personaggi di rilievo, tipo alfonsìn, che ho scoperto essere massone – la catena dei massoni ha gli anelli rettangolari). Non so, bsas non mi ha conquistata. O meglio, non è stato un colpo di fulmine. E' una città troppo grande, troppo caotica, troppo pericolosa, non ha dimensioni umane e gli autisti dei bus sono antipatici, non come a posadas, che dopo due minuti erano i tuoi migliori amici. Sono sicura però che se avessi avuto più tempo mi sarebbe piaciuta, perchè c'è un bel fermento e tanto movimento culturale, abbastanza puro.
Però non ho voglia di parlare di buenos aires, preferisco parlare dei conti che ora mi tocca fare.
Ora che sono ritornata in italia, e ho ritrovato il delirio esattamente come e dove l'avevo lasciato, mi ritrovo a dover fare i conti con i miei desideri, che forse sono cambiati. Devo fare i conti con i conti in sospeso, che ho lasciato dall'altra parte dell'oceano. Ho un desiderio irrefrenabile di ripartire, di continuare a cercare di capire cosa c'è di la, ho voglia di vedere tutto quello che mi è rimasto da vedere. So che può apparire ipocrita questo desiderio di capire cosa c'è li, perchè anche qui ci sono tanti quesiti a cui non riesco a dare risposte. Ma il fatto è che penso a me, stavolta, e all'investimento sul futuro (sulla mia persona) che significa investigare e cercare lontano. Mi sento così cambiata che mi mette in imbarazzo ora essere qui, dov'ero prima. Mi sento in imbarazzo a interagire con la gente e ricordarmi che le persone potrebbero rispondermi di merda (entrare all'aeroporto di madrid è stato un trauma, tutti mi trattavano male perchè non sapevo a che gate andare. cattivi)Certo due mesi sono pochi e forse non sufficienti per cambiare totalmente una persona. Non sono cambiata totalmente, ma credo si sia innescato un meccanismo di stravolgimento che non riuscirò a fermare mai più, e tutto ciò mi piace da morire.
Sono contenta per come ho affrontato questa “avventura”, sono contenta di non essere andata (troppo) in crisi e di essermela cavata, anche da sola.
Sono soddisfatta di come siano andate le ricerche per la tesi, anche se ho il pepe al culo perchè per ora ciò che ho scritto riguardo il mio lavoro sono questo blog e qualche pagina di bozze impresentabili. Giuro che da lunedì mi ci metto di cattiveria.
Non so veramente quando finirò di scrivere la mia tesi, ma sono già contenta così, questa volta lo so che sarà una cosa mia e non un riassunto senza arte ne' parte dei vari capitoli della vita di max aub.
Sarà una cosa mia anche nel senso che prima di partire capivo poco o proprio un cazzo del microcredito e ancora meno sapevo di quale fosse la situazione in argentina. Ora mi rendo conto quanto siano indispensabili le ricerche sul campo, in tutti gli ambiti della vita di una persona ovviamente, non solo per una tesi.
Mi rendo conto di quante stronzate ci vengono spacciate per informazioni e quanto incommensurabile sia la figura da eterni coglioni che noi italiani facciamo in giro per il mondo.
L'equilibrio che ero convinta di aver trovato poco prima di dover partire è stato totalmente scombussolato, ma sapete cosa?a me va meglio così.

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lunedì 2 agosto 2010

giorni intensi

Quelli di quest'ultima settimana, sono stati sicuramente i giorni più densi di tutta la permanenza a posadas. Giorni in cui iva zanicchi potrebbe essere orgogliosa di me
CENTO CENTO CENTO EEEEEEEEEEEEEEEEEEEH
questa settimana sono finalmente riuscita a sfondare il muro delle 100 interviste, ma è stato un tour de force. Il mio obiettivo era di avvicinarmi all'intervista numero 80 almeno verso il 20 di luglio, ma il 22 ero ancora a quota 65. e così ho iniziato a fare gli incubi, martedì scorso ho intervistato gente tutta la notte e quando mi svegliavo mi dicevo cogliona stai sognando, mi riaddormentavo cosciente del fatto che avrei continuato a sognare interviste e durante il sogno pensavo cogliona, smetti di sognare ste stronzate. Ma non c'è stato verso, e il giorno dopo ero un cadavere. Anzi, sono piombata in uno stato d'ansia tremendo e per poco non accoltello il francese (quello più piccolo, e sto parlando seriamente della coltellata). Poi però il mitico combo delle microcredit girls ha organizzato un'imboscata al mercado modelo vicino alla costanera, dove ci sono microemprendedores in batteria. Così in un pomeriggio ho tirato su una cosa come 25 interviste, è stata un'impresa durissima, perchè i microemprendedores sono dei gran chiacchieroni e perchè le bancarelle erano fantastiche. Ho raccolto un sacco di belle testimonianze e ho potuto assistere al cameratismo da camionisti (!) degli imprenditori, che per velocizzarmi il lavoro facevano passaparola e mentre ne intervistavo uno andavano a recuperare qualche compagno. Insomma a fine giornata sono arrivata all'intervista numero 97, e guardacaso proprio durante questo pomeriggio sono finalmente riuscita a farmi dire da due dei venditori che prima di rivolgersi a jardin erano andati dagli usurai. Sono stati gli unici due ad ammetterlo, anche se fin dall'inizio avevo iniziato a nasare che quando chiedevo loro circa questo argomento facevano finta da pomi. E se mi fossi fermata prima?
Vabon, fattostà che il giorno dopo mi son messa a COPIARE i dati e non mi tornavano i conti. Dopo aver contato e ricontato uomini, donne, uomini di san jorge (2) e donne di san jorge e uomini di posadas e donne di posadas, e dopo aver tirato giù dal paradiso tutti i santi uno ad uno, e dopo aver sudato settantadue camicie (è tornata l'estate per due giorni) non mi è rimasto altro da fare se non stendere tutti i questionari uno ad uno lungo il corridoio della casetta degli ospiti e mettermi a contarli, per poi rendermi conto che arrivata a numerare l'intervista numero 84 son passata direttamente alla 86. così ho cagato en la puta svariate volte, e mi sono rifiondata all'ufficio microcredito per intervistare l'ultimo gruppo, che GUARDACASO de novo, era composto da 3 persone e non da 4. mi veniva tantissimo da piangere, così le chicas per consolarmi si sono messe nei panni di roberto, riparatore di biciclette, credito numero 14, e assolutamente contrario alla bancarizzazione del prestito. (è vero)
Alleluya!
Ale luia
per festeggiare, siamo uscite assieme venerdì sera. Anzi, siamo uscite venerdì pomeriggio, e siamo andate alla festa del banquito della buena fe, che aveva organizzato un incontro in un centro polivalente nel centro di posadas. Il banquito de la buena fe è una rete di bancos che elargisce microprestiti per l'avvio di imprese e non richiede interessi, opera da quello che ricordo in tutta misiones e se non sbaglio anche in altre zone del nord. E' strano che in argentina la gente più povera sta al nord e non al sud, di solito è il contrario.
Vabè, a questa festa c'erano centinaia e centinaia di donne invasatissime, tutte divise a seconda della zona del prestito e contraddistinte da, tipo, un foulard colorato, un cappellino o una coroncina di fiori. C'era anche un cantante che ha deliberatamente spappolato i maroni a suon di cumbia per un'ora e che chiedeva continuamente “chicas, ustedes son romanticas o no?” e todas “seeeeeeeeeeeeeeeeee” e via di cumbia a strombatutto, ma le chicas erano tutte stralanciate e alla fine era anche piacevole. Pareva di essere a una specie di rave party femminista a base di mate e fanta de naranja. Il tipo pareva na specie di tullio betònega delle barene, era proprio ridicolo, però il clima era talmente gioioso che alla fine mi era simpatico pure lui. E' stato proprio bello andare a questa festa. E credo che ritornerò in italia più femminista e integralista di prima.
Sul palco sono saliti alcuni rappresentanti della rete del banquito della buena fe, tra cui beatriz che assieme a lidia, la patrona dell'ufficio microcredito di jardin, hanno dato via ai primi prestiti qua a posadas. Assieme a lei c'erano altri bei personaggi, e personaggi brutti, tra cui un paio di ministri dello sviluppo della provincia, che al momento del loro intervento hanno sproloquiato circa tutte le cose belle che i coniugi kirchner hanno fatto in questi anni, e quanto fortunati sono gli argentini che hanno il plan questo e il plan quello. Così abbiamo raccolto armi bagagli e la catena che ci era scesa e io e tamara ce ne siamo andate a recuperare rocio e susana che erano andate a un corso. Allora, premessa: alla rocio piace un sacco uno dei due ministri,anche se non si sa bene perchè, perchè l'è un roito.
Dopo aver recuperato tutte le donne, siamo andate a mangiare una pizza in un locale e a bere svariati litri di stella artois. Qua la birra si vende in bottiglia da litro, robe da matti. Grasse risate, era da tempo che non mi divertivo tanto. Le tipe del microcredito sono simpaticissime.
Dopodichè, su iniziativa di rocio, siamo andate ad un karaoke. Non ho mai messo piede in vita mia in un karaoke, però ho pensato perchè no? No, perchè era vuoto, per esempio. Però siamo entrate lo stesso e ci siam messe a molestare il cameriere carlos, che sembrava ratatouille, il topolino. Verso le dieci e mezza il posto si è riempito, perchè c'era un compleanno e una festa di mamme giocatrici di hokey. Delle tipe che.... vabè. Dopo un altro litro di stella artois, ho offerto un giro di tequila con sale e limone, ed è stato davvero un onore assistere alla prima volta di rocio. Che si è entusiasmata, e dopo l'ultimo giro di tequila con sale e limone era una strassa. Il climax della serata l'abbiamo raggiunto quando la rocio ha iniziato a strillare e a ventilarsi la faccia emozionatissima, perchè indovinate un po' chi era entrato al karaoke? Il ministro dello sviluppo de salcazzo. Assurdo! Il ministro! Al karaoke! Alla festa delle mamme horny? Pazzesco.
Io, che modestamente ero ancora in grado di toccarmi la punta del naso grattandomi il calcagno destro facendo ciao ciao alle caprette, le ho proposto di andare a fare da tramite ma dopo una serie di NO NO NO NO NO NO a tredicimila decibel, ci è andata lei dal ministro a dire che hay una chica italiana que està haciendo una investigaciòn sobre microcredito en posadas que estuvo en la fiesta del banquito de la buena fe y que LE GUSTO' TANTO SU DISCURSO SOBRE LOS KIRCHNER que querìa sacarse una foto con usted. Il tipo non ha fatto neanche cheo, così affrantissima se n'è tornata al nostro tavolo e dopo avermi rubato l'agenda, si è rivolta ad un altro tipo e si è fatta dare il numero, per me. Poi lei mi ha dato il suo, sbagliando, e firmandosi roco.
Spettacolare. Una volta tornata all'hogar in preda all'ennesima crisi d'ansia perchè avevo paura di trovare portone e porta chiusa, ho trovato invece porta portone aperti e la francese incazzatissima che mi stava aspettando sveglia e io non avevo la minima idea di che ora fosse. Non era tardi,ma quando sono uscita al pomeriggio non l'ho avvisata che non sarei rientrata perchè stava dormendo.
Così s'era un attimo agitata, e io per farmi perdonare mi sono prostrata ai suoi piedi. Ha funzionato.
Insomma, in questa intensissima settimana, l'alians fransè si è dissolta, finalmente. Ora siamo solo io e lei, e va bene così, perchè dulcis in fundo, è una tipa proprio reffata. Ora si sta da dio.
Il biondino ha finito di vuotare il proprio fardello da uomo bianco ed è tornato in patria certamente ricco, anche se non credo più di prima. Non sopportavo più la sua attitudine da giovane benefattore, da piccolo arrogante studioso di finanza ed economia e salcazzo, sempre con la proposta pronta, per salvare il mondo. Non sopportavo più di vederlo leggere polany ed engels spiegando che ha bisogno di leggere anche libri di sociologia per essere una persona più completa, per poi scrivere stronzate tipo mercosur e misiones, la mejora region del mundo sul cartellone con le foto. Non sopportavo più di vedere l'hombrecito aspettarlo le mezz'ore mentre lui faceva le flessioni in camera perchè mens sana in corpore sana. E ovviamente non sopportavo il fatto che andasse a fare jogging al seiscuincentenario e alla costanera. Non sopportavo più di ascoltarlo iniziare le sue infinite serie di stronzate sulla giustizia nel mondo esordiendo con “y esta es MI-PERSONAL-OPINION”, come per dire, se no xè cussì xè parchè no xè vero.
E soprattutto non sopportavo più il suo atteggiarsi da gringo in mezzo al barrio. Non so se riesco a spiegarmi, è che a volte preferivo l'hombrecito che si faceva le paranoie a mangiare in ristorante o che si sentiva a disagio quando enrico lo portava a visitare i barrios perchè gli sembrava di essere un turista della miseria. Mi pareva un atteggiamento più puro. Non mi è piaciuto il fatto che abbia fatto foto all'interno del barrio, alle villas e ai bambini, non mi è piaciuto il fatto che abbia detto a tutti che sarebbe tornato. Però io non sono volontaria, non so, e sopratutto, es mi personal opinion.
La francese nuova invece mi piace un sacco. E' un'osservatrice, in 4 giorni è riuscita a farsi venire gli stessi dubbi che ho avuto io durante queste settimane. (e che ha avuto anche l'hombrecito). E' sincera, e durante i suoi primi durissimi giorni, in cui stava malissimo perchè non vuotava il sacco da quando è arrivata e su sua stessa ammissione faceva rutti che sapevano da uova marce, è riuscita a dirmi yo no se si puedo. Preferisco così, la gente che si mette in discussione. E invece ce la farà. Riuscirà a sopportare tutti gli odori e le consistenze che la mettono in difficoltà, perchè ce la si può fare e perfino io mi sono abituata al muco dei bambini (dei fluidi umani il catarro e il muco sono quelli che assolutamente non riesco a sopportare).
Ieri siamo andate assieme a trovare don emilio (er capo) per fare quattro chiacchiere. Parlare con emilio è come interpellare un oracolo. E' come aprire il vaso di pandora. E' un gracile vecchietto stanco, e mi chiedo come faccia alla sua età a caricare sulle spalle il suo di fardello, che di sicuro non ha niente a che vedere con quello dell'uomo bianco medio. Mi chiedo davvero come faccia ad avere tutto sotto controllo e a trasmettere tanta serenità, nonostante tutto. Così un'ora e mezza di scambio di opinioni e riflessioni è volata, e sono riuscita a bere il primo caffè decente da quando sono in argentina: un caffè vero, fatto con la moka. Ho avuto anche occasione di conoscere don carlo, di cui avevo tanto sentito parlare. Don carlo è il responsabile dell'apoyo escolar, un doposcuola per capirci. Questo signore offre aiuto ai ragazzi del barrio per fare i compiti e qualche ripasso, e qualche partita a pallone. Che uomo pure lui. Ho conosciuto persone strabilianti durante questi mesi, gente che nonostante il carico e il tipo di lavoro che deve affrontare ogni giorno riesce a trovare il modo di diffondere tranquillità, e pace, e speranza, a tutti, ma soprattutto a me, che praticamente non credo in niente.
Sono riuscita a incrociare sguardi puri. Questo per me è una cosa importantissima, perchè la mia indole patologicamente diffidente non mi spinge a scommettere su niente, sostanzialmente perchè non mi fido delle persone. Qua invece porco giuda ho trovato gente che ci crede, in cosa, non so, ma ci mette l'anima. Ho trovato deo gratias gente strafedele alla linea, con le idee chiare, gente a cui mi fiderei di affidare le redini della mia di vita.
Io e la francesina dopo la tertulia con don carlo e don emilio siamo andate a bere una birretta in centro, ma dopo aver aperto altri barattoli di pandora e aver fatto scorrere altrettanti fiumi di parole e qualche lacrimuccia, siamo corse a casa morte di freddo.
E una volta a casa è successo ciò che doveva succedere. Una stronzata, ma per me importante. Stavamo parlando di film e di colonne sonore, ed entrambe abbiamo convenuto che, con molta poca fantasia, quella di diarios de motocicleta è ideale per il viaggio in bus da bsas a posadas. Lei non ha mai visto il film ma conosce le musiche. E sbleeem tra un canale e l'altro che film ti capita?ebbene sì, per la quinta volta da quando sono in argentina e per la ventesima credo da quando sono al mondo, i diari della motocicletta. Ormai lo conosco a memoria ma vederlo qui, in lingua originale, tomando mate bollente dopo un pomeriggio del genere, è diverso, è magico.
L'unica cosa che mi resta da dire è che mi mangerei una cacca col cucchiaio, perchè per sbaglio ho cancellato il file con la colonna sonora dal lettore mp3, e tutto ciò che posso fare ora è rimettermi alla volontà di mio fratello e sperare che prima o poi me lo invii per posta elettronica, perchè sennò rumbo hacia còrdoba che cosa ascolto?



sabato 24 luglio 2010

9364 giorni

Feliz cumple buon compleanno joiòs anniversér pepeeepepepepe eccetera.

Mentre ascolto rino gaetano dopo aver trascritto i dati delle ultime interviste, osservo i due francesi mentre incollano foto su un cartellone da lasciare all'hogar.
Volendo tralasciare il fatto che solo dopo aver scelto e sviluppato le foto nelle quali appaio solo una volta, mi hanno invitata a partecipare al suddetto cartellone, preferirei soffermarmi sul titolo che hanno voluto dare alla loro opera sulla quale stanno smadonnando da diversi quarti d'ora. El hogar san francisco, un lugar de amor.
Allora, tutto sommato i due francesi mi stanno simpatici, anche se trasmettono la stessa allegria che può trasmettere una scheggia nel culo. Non vorrei che il messaggio che sto diffondendo sia che ce l'ho a morte con loro, è che purtroppo mi tocca averci a che fare anche troppo spesso e (si sa) per me la convivenza è una specie di supplizio che mi autoinfliggo. E' che li osservo, anche troppo. E ciò che sto pensando adesso è che con tutte le riflessioni che potevano fare sull'hogar è che è un lugar de amor. Un lugar de amor?e basta?
Lo so son troppo polemica.
Il titolo gliel'ho suggerito io. Solo che scherzavo!
E' che l'hogar a me sembra un microcosmo estremamente complesso, per me quasi incomprensibile, e nonostante sia stata involucrata, volente o nolente, in alcune dinamiche piacevoli e altre spiacevoli, e nonostante stia osservando questo posto da diverse settimane, ancora non sono riuscita a capire bene come funzioni.
Non riesco a capire come stiano veramente le ragazze, se amano o odiano questo posto. A me sembra quasi che ripudino le stesse regole di cui hanno però un disperato bisogno: alzarsi ad una certa ora, andare a dormire ad un'altra, pulire stanze e salone, orari per mangiare, le cose da fare al proprio bebè. E' difficile da capire anche il rapporto che hanno queste ragazze con i loro figli. Il fatto è che la più grande ha 21 anni e ha una figlia di due, e la più giovane ha 16 anni e un meraviglioso bebè di 10 mesi, perennemente sudicio di terra e muco. Insomma, è un maledettissimo macello.
A volte le vedo coccolare le loro creature come farebbero le mamme più grandi, altre volte le vedo trattarli come bambole, cambiargli i vestiti e fargli foto, altre le vedo esasperate e odiarli quasi, considerarli come un peso, un fardello pesantissimo, una palla al piede.
Io non ci vedo solo amore in questo posto. Io non riesco a percepirlo. Ci sono troppe incognite per me. Io vorrei vederci della speranza e un punto di partenza per loro ma soprattutto per i loro figli, che cresceranno senza una famiglia sostanziale. Ma sento tanta stanchezza e anche un po' di tristezza.
Sicuramente questo posto è una manna dal cielo per queste ragazze...tante, tantissime volte penso a come/dove starebbero se non fossero qui...chi si prenderebbe cura di loro?ah perchè è indubbio che per l'età che hanno ancora un disperato bisogno di cure...sono delle ragazzette. Beh ormai no, che hanno quasi tutte 20 anni, però in ogni caso credo che a nessuna delle mie simili farebbe piacere di avere il pancione a 18 anni e nessuno su cui contare. Ah perchè poi risulta che praticamente solo uno dei conniventi su 5 si sia assunto la responsabilità del proprio agire.
Sì, perchè poi c'è da dire che qua, l'esemplare maschio del genere umano ha ereditato nel proprio dna tutti le caratteristiche più terribili tipiche del maschio medio europeo, nella fattispecie spagnolo e italiano, visto la quantità di discendenti di queste due temibilissime razze. I maschi argentini sono machisti oltre il limite, considerano la donna come un essere succhia aria e succhialtro da penetrare e buono per fare da mangiare e basta, ma com'è tipico del maschio italiano è anche profondamente ipocrita, sostanzialmente sputa sul piatto dove mangia e chi si fa il culo per loro è sempre e assolutamente la donna. Ma proviamo a indovinare secondo loro di chi è il merito se il sole sorge ogni mattina?
Gli uomini qua sono dei luridi. Non so quanto si potrebbero impegnare per risultare più inutili di così.
Gli uomini argentini sono dei maledettissimi porci, qualsiasi essere vivente semovibile su due gambe e dotato di almeno una cavità riempibile è oggetto di commenti di tutti i tipi, ad ogni momento della giornata, tutti i giorni, sempre, senza sosta. Non sono abituata, mi spiace, e non vedo perchè mi ci dovrei abituare. Da Buenos Aires a Puerto Iguazu passando ovviamente per Posadas, che io vada per strada vestita con un sacco per le scoasse e un cappello di merda in testa sono sempre e comunque oggetto di piropos fastidiosissimi. Durante il tragitto da san francisco a san jorge rischio un infarto del miocardio ogni due per tre, visto che dalla moto al camion rimorchio all'expresso singer tutti devono per forza suonare il clacson. Quello che voglio dire è che non posso attirare l'attenzione così tanto, ok sono una pecora bianca e occhi e capelli non mi sono molto d'aiuto, ma ultimamente non sono esattamente uno spettacolo. Sono oggetto di così tante attenzioni solo perchè potenzialmente ficcabile e come me tutte le altre. E' una cosa che mi manda in bestia e mi fa incazzare ancora di più il fatto che molte donne qui, come in Italia come negarlo, si adattano a questo e lo considerano un comportamento normale perchè, come mi ha detto oggi una ragazza dell'hogar parlando della scarsa dedizione alla pulizia di uno dei due francesi, no se pueden sacar naranjas de una higuera, o na roba del genere.
Non vuol dire un cazzo. In Italia le femmine si sottomettono a questo ignobile meccanismo facendo finta da pomi e passando a malapena sotto le porte, qua invece sfornano pargoli come panini con l'uvetta e poi se li crescono da sole e oltretutto lavorano, cazzo, che fastidio. Perchè lavorano ste benedette donne, si fanno il culo come una casa. Volete sapere quanti uomini ho intervistato fino ad adesso, su una totalità di 68 interviste? Cinque. Cinque, dio ingiusto, cinque. Vogliamo parlarne?E' perchè il programma è diretto principalmente alle donne o perchè la maggior parte degli uomini passa il proprio tempo per strada tomando mate o seccando birra e rompendo i coglioni a me? Certo il fatto che i prestiti siano elargiti a gruppi in cui non possono esserci più di due maschi limita il loro accesso a questo beneficio, ma vogliamo per cortesia chiederci come mai i prestiti si concedono praticamente solo alle donne? Perchè loro sono più affidabili dei maschi? Perchè gli uomini sono universalmente inferiori e incapaci di gestire in maniera corretta qualsiasi tipo di opportunità gli venga offerta. Anche nell'età adulta hanno bisogno di una mamà che li controlli e dica loro cosa fare, cosa dimostrata appunto dal fatto che i gruppi devono essere costituiti in maggior parte da donne.
Una delle imprenditrici addirittura mi ha raccontato che suo marito non lo sa che lei prende a prestito i soldi da Jardin, perchè lui non vuole. E cosa dovrebbe fare sta povera crista, tirare a campare ancora qualche mese finchè il peso vale ancora qualcosa e poi mandare tutto in merda?
Ciò che davvero mi piace, mi fa letteralmente impazzire del microcredito è che tutte le donne che ne beneficiano si sentono sostanzialmente delle fighe, si sentono orgogliose, si sentono belle (me l'hanno detto), tranquille, serene, si uniscono tra di loro e da quanto ho capito il tessuto sociale del barrio san jorge lo stanno lavorando tutte queste donne nei loro telai, nelle loro case, nei loro negozi, con i loro sogni e le loro ambizioni. E' una cosa che fanno soprattutto per se stesse, una sfida alle proprie capacità e grazie a queste mettono il turbo alla propria autostima. Quasi tutte loro mi dicono che sono felici perchè sono indipendenti. Non mi dicono mai da cosa o da chi, ma ci tengono a sottolineare che la loro felicità se la sono fatta da sole, con il loro chioschetto vendendo stronzate.
Se il prezzo da pagare per tutto questo è che qualche maschio imbecille si sfondi il fegato il sabato sera allora sì, mi va bene.


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lunedì 19 luglio 2010

Giorni umidi

Saigon.
No, mentira, Iguazu. È che per certi versi mi sembrava di essere in vietnam, se davvero il vietnam è come lo si vede nei film. Nel parco di Iguazu la vegetazione è fittissima e impenetrabile, da lontano si sentono i versi di chissà quali animali e con la pioggia e le nuvole la selva e il fiume avevano un'aspetto tetrissimo. Per quanto mi riguarda in ogni caso, la prima cosa che ho pensato quando sono salita sul motoscafo per andare a vedere le cascate è che a costo della vita dovevo assolutamente andare a prendere Kurtz.
No mentira anche questa, la prima cosa che ho pensato quando sono salita sul gommone è stata “chi me l'ha fatto fare”.
Nel post precedente ho scritto che sul rio paranà ho affrontato una delle mie più grandi paure, ma non ho specificato se l'avevo superata o no. Ebbene, la risposta è NO e questo fine settimana ho avuto la prova dell'assoluta malignità di questo elemento perverso e traditore qual'è l'acqua.
Per andare a visitare le cascate di Iguazu abbiamo scelto il periodo migliore, cioè l'inizio dell'inverno e due giorni di pioggia non stop.
Ok che come ha detto un tipo champagneconspeed amico dell'
hombre (…) “a Iguazu con lluvia o sin lluvia igual te mojas”, però con una pioggia così battente andare alle cascate è stata un'esperienza assurda perchè sembrava che piovesse da sopra, da sotto, e a volte anche di lato.
C'è di buono nel vedere i film sul Vietnam che impari un sacco di cose sulle zone molto umide. Così, ho seguito il consiglio del tenente Dan,e sono riuscita a tenere i piedi all'asciutto portandomi dietro gli scarponi da montagna e un sacco di calzini di ricambio. I due imbecilli che sono venuti con me invece, non hanno visto forrest gump, così uno è venuto con le scarpettine radicalindiechic di teletta, e quell'altro non lo calcolo, per me potrebbe essere annegato. Chiedo scusa per quest'impeto di violenza, è che in questi giorni mi sono resa conto di quanto noiosi e pappemolli siano i miei compagni di avventura.
Comunque capisco perchè Iguazu sia considerata una delle meraviglie del mondo. Il fatto è che non è che sei li e guardi e dici “uau che bello” o “che meraviglia”, no, sei li, guardi, e taci perchè non trovi le parole per descrivere quello che vedi, vorresti fare un sacco di foto per portarle a casa e dire “guarda quanta cazzo di acqua” ma le foto non rendono l'idea della portata d'acqua che precipita giù in fondo dentro alla gola del diavolo. Non è che sia “bello” nel senso stretto del termine, è spaventoso, allucinante, stupefacente e meraviglioso. Il fiume scorre tranquillo e silenzioso e non è nemmeno tanto profondo, non c'è molta corrente, ma ad un certo punto il letto sembra rompersi di netto e precipitare per non so quanti cazzo di metri e ciò che si crea è come una bolla gigantesca di acqua bianca e verde che cadendo diffonde un boato apocalittico che si sente anche da lontano.
Tutto questo si vede “da sopra” cioè dalle passerelle che arrivano fino alla garganta del diavolo, che è praticamente il salto più impressionante.
Abbiamo anche fatto un giretto in gommone a remi lungo uno dei bracci del fiume per avvistare qualche bestia ma oltre a me abbiamo visto solo un paio di caimani e un uccello tipo pavone in miniatura. Le scimmie erano nascoste perchè pioveva. Il giro in gommone non è stato male, ma ho preferito nettamente l'intimità dell'esperienza in kaiak sul paranà perchè c'eravamo solo noi pochi con l'amico Nelson e il fiume era tutto per noi. Iguazu invece, come è logico che sia, è un parco giochi mangia turisti.
Dopo il gommone e un pasto frugale, è iniziata la gran aventura, che prevedeva 8 km di jeep scoperta, ovviamente sotto una pioggia implacabile, e un giretto in gommone a motore sotto le cascate.
Il giro in jeep in mezzo alla jungla è stato bello, o almeno credo, visto che considerando che mi pioveva direttamente dentro agli occhi non sono riuscita a vedere moltissimo.
Il giro in gommone invece è stato bellissimo ma tremendo e credo di averci lasciato qualche mese di vita in cambio di un paio di capelli bianchi in più.
Non sto esagerando. Mi sono letteralmente cagata in mano e a na certa volevo quasi chiedere di attraccare e farmi scendere, magari dal lato brasiliano. Ovviamente questa ipotesi l'ho scartata nello stesso momento in cui l'ho pensata, ma ho desiderato tantissimo che questa cosa terminasse nel più breve tempo possibile. Il motoscafista ci ha portati fino sotto alla gola del diavolo, dove la corrente è fortissima e le onde sono altissime. La barca si alzava e si schiantava sulle onde violentemente e ogni volta che succedeva ovviamente mi immaginavo quanta gente sarebbe venuta al mio funerale e se mai avrebbero trovato il mio corpo.
Inoltre, siamo andati a infilarci direttamente sotto alle cascate, apposta, ma davvero l'obiettivo era inzupparsi e probabilmente con qualche grado in più sarebbe stato proprio una figata ma una volta usciti dalle cascate eravamo sotto l'acqua di nuovo e ci siamo rimasti fino a che non siamo risaliti sul bus verso porto iguazu. Ero completamente fradicia ma i piedi li avevo al caldo.
No dai, iguazu è una figata.
Non posso dire lo stesso dei due uomini che erano con me, i due francesi. Purtroppo non parlano molto bene lo spagnolo e ancora meno lo capiscono, molte volte fanno fatica a capire anche me con il risultato che loro due passano delle piacevolissime ore conversando dei loro “uè se sa sé asì se pa vrè” e io non capisco una cippalippa, e quando provano a dire qualchecosa in castigliano fanno commenti sul tempo o domande idiotissime come fa l'
hombrecito, che mi chiede come mai l'albergo non sia pieno o se la stufetta che c'era nelle stanze facesse solo luce o anche caldo. Ah si perchè poi siam dovuti andare in un residencial carissimo e anche abbastanza merdoso, perchè non si fidavano di andare in un ostello con gente sconosciuta. Vabè.
Il giorno dopo siamo andati in Brasile e il timbro che ho sul passaporto è la prova inconfutabile che abbiamo attraversato la frontiera. Foz de Iguazu in inverno di domenica con la pioggia è più triste di Liettoli in dicembre con la nebbia. Così abbiamo attraversato la frontiera, siamo scesi dal bus, abbiamo camminato per una cuadra, siamo ritornati alla stazione dei bus e siamo ripartiti in direzione Puerto Iguazu. Il tutto nel giro di un'ora.
Fantastico.
Abbiamo pranzato in un ristorante abbastanza lussuoso e io e l'
hombre (detto anche dos puñetas) abbiamo preso uno di quei pesci con i nomi strani che ci sono anche nel Paranà, che alla fine sono anche buoni. Ci siamo concessi un'ultima tappa di lusso prima di ritornare al barrio, così tanto per ricordarci da dove veniamo e cosa non vedremo per un altro mese almeno.
Prima di ripartire siamo andati a vedere l'aripuca, che da quanto ho capito è una trappola per uccelli che usano gli indios guaranì, ma quest'aripuca qua è fatta con tronchi di alberi praticamente millenari della selva misionera, ed è enormissima. Solo che non ho capito a cosa serva. Attorno a sta aripuca ci sono un altro paio di costruzioni tipiche guarani e un piccolo mercato di artigianato indio. Inoltre, c'era una famigliola di indios che cantava ininterrottamente una canzone tradizionale (credo) e un altro vecchino dentro a un tronco enorme che suonava il violino. E' stato molto triste come spettacolo.
Il bello di questa giornata è stato l'incontro con la proprietaria di un negozio di tessuti che abbiamo conosciuto andando verso il terminal di bus. Avevo adocchiato il suo negozio fin da venerdì sera perchè esponeva dei ponchos bellissimi, molto più belli di quelli che vendevano i negozietti di souvenir. Così oggi ci sono ritornata per fare un po' di spese per me e mia mamma, e siccome ero molto indecisa su cosa prendere, la sosta è durata per un bel po'. Così abbiamo iniziato a chiacchierare con la padrona e suo marito, e abbiamo scoperto che la signora è di Posadas e che ha iniziato la sua attività proprio grazie al microcredito di jardin de los ninos. E' stato un incontro pazzesco, uno di quei momenti in cui uno si chiede perchè certe cose accadono e perchè accadono in una determinata maniera. La signora in questione mi ha raccontato che ha iniziato a tessere seguendo i corsi al centro educativo (così mi pare d'aver capito) perchè si trovava in un periodo della sua vita molto buio: stava cercando di uscire da una forte depressione dovuta a due operazioni al cervello che aveva subito, a causa di un aneurisma e di una malformazione venosa.inoltre,le hanno trovato un altro aneurisma sul lato sinistro, ma ha deciso di non operarsi e di lasciare che il destino segua il suo corso. Nel frattempo si è cercata una passione e una ragione per andare avanti, e lei l'ha trovato nella tessitura artigianale....quando le ho raccontato cosa avessimo in comune ci son venuti i lucciconi a tutte e due e per qualche secondo siamo rimaste in silenzio ad osservarci reciprocamente e ad osservare quanto sia assurda la vita a volte. Ora la sua attività è molto ben avviata e non beneficia più del microcredito perchè le risulta scomodo recarsi a Posadas (son 300 km iguazu-posadas), però si è trasferita a Puerto Iguazu per ingrandire la sua attività e aumentare le vendite, e ora vende anche all'estero e spedisce le sue opere in lana merinos e di lama perfino in Norvegia.
Senza dubbio questa piccola parentesi nel negozietto di ponchos ha risollevato le sorti di due giorni un po' così, senza arte ne' parte, ne' carne ne' pesce, non zuppa ma sicuramente pan bagnato.

lunedì 12 luglio 2010

strani giorni


Ci sono un po' di cose che non capisco, di quelle che starei studiando.
In questi giorni ho conosciuto una ventina di microimprenditori. La maggior parte di essi lavora in un cosiddetto kiosco: un micronegozietto, un minibazar, un alimentari, una specie di pakistano per capirsi. A volte questo kiosco è un vero e proprio negozio, con scaffali, reparto macelleria e tutto, altre volte è ricavato da una stanza della casa del commerciante, altre si tratta di uno spazio antistante la casa magari coperto da un tetto.
I microimprenditori usano il microprestito per fare microinvestimenti per il loro negozio, comprano merce da rivendere, ampliano il loro business praticamente. Tutti quelli che ho intervistato fino ad ora si dicono soddisfattissimi della loro esperienza, mi raccontano che la loro vita è cambiata in meglio ma non vogliono mai entrare in dettaglio. Alcuni mi raccontano che hanno cambiato la scuola dei loro figli e da una pubblica vanno a una privata. Mi dicono che possono comprarsi più cose, mangiare di più e meglio.
Allora, la prima cosa che non capisco è come fanno a campare, dal momento in cui nel giro di una cuadra (un isolato per capirci) possono coesistere tranquillamente 5 o 6 kioschi che vendono più o meno le stesse cose. Una di loro mi ha detto che sono molto solidali tra di loro, non si fanno concorrenza, si spartiscono i clienti e a volte vendono cose diverse. Altri però mi dicono che sanno che qualcuno li invidia e sparlano di chi riesce a migliorare le proprie condizioni di vita.
Resta il fatto che non riesco a capire come riescano a vendere così tanta roba a così tanta gente per riuscire a ripagare il debito, seppur piccolo. Perchè in sostanza le cose che vendono sono pasta, biscotti, tante bibite, dolci, ovviamente mate e mandioca, verdura pochissima, insomma, alcuni non vendono nemmeno la carne che da quanto ho capito fa parte dei pasti di ogni giorno perchè meno cara della verdura.
In poche parole vendono stronzate. Mi chiedo quindi da cosa siano composti i pasti di queste famiglie. Cosa mangino i bambini, con cosa facciano colazione. Le persone che vivono nel barrio non muoiono di fame, chi non lavora vive del sussidio statale. Il cibo nei kioschi non è economico. Chi vive qua mi dice di sì ma a me non sembra. Un pacco di riso e pasta può arrivare a costare un euro o poco più, un chorizo sempre un euro, un peperone rosso idem. Voglio dire zonta de qua e zonta de à va a finire che na spesa completa costa come in Italia, più o meno.
C'è un passaggio che mi manca. Lo stipendio minimo qui è di 200 euro e le famiglie son composte come minimo da 4 persone, di solito una madre e uno stuolo di figli dalle più disparate età.
COSA MANGIANO?COME MANGIANO? L'80% delle persone che vive nel barrio è evidentemente in sovrappeso, i bambini hanno la pancia e le donne sono sformate. Qui la gente mangia tanto e male. Perchè mangiano così?Non vorrei che questi quesiti apparissero più superflui di quello che sono, ma mi sembra che mentre da una parte si da la possibilità a queste persone di avere un commercio proprio e di uscire dal vincolo della povertà e della dipendenza dallo stato, dall'altra li si prende per la collottola e li si getta nel baratro del consumismo e della dipendenza dalle stronzate.
Non ho paura a camminare per il barrio da sola. Non porto mai soldi con me, il mio cellulare qui è inutile e il mio lettore mp3 in confronto a quello che potrebbe avere il mio possibile attentatore non vale un soldo di cacio. Molti dei tetti baracchette di legno sono sovrastati da enormi paraboliche e durante tutto il giorno, dalla mattina alla sera, potentissimi impianti stereo grandi come scania riversano in strada le fastidiosissime melodie tipiche del posto, ossia reggaeton e cumbia a tutta manetta. Ragazzetti di tutte le età deambulano per le strade magari senza scarpe ma con un cellulare a raggi fotonici che irradiano, ovviamente, musica tipo reggaeton e cumbia a tutta manetta.
Non capisco.
Molti giovani hanno problemi di alcolismo in precocissima età ma, su esplicita dichiarazione dei proprietari dei kioschi, si sa che i guadagni più sostanziosi si fanno il fine settimana con le bibite, perchè la gente si sfonda di birra e cocacola.
Mors tua vita mea?
Questo fine settimana ho superato una delle mie più grandi paure kaiakando placida sulle acque del rio paranà.
Credo sia stata una delle esperienze più belle della mia vita.
Io e due dei tre francesi, l'hombre e l'hombrecito (il francese 37enne che per capirci è uno di quegli omuncoli che va in giro in polo dalle tonalità beige cacchetta a verde merdaccia, risvolto sui jeans e sto aspettando che sfoderi un marsupio in acetato – uno spasso d'uomo) ci siamo concessi un giorno da turisti e siamo andati a vedere le rovine gesuitiche di san Ignacio Minì, che si trova a circa un'ora di strada da Posadas. Non è rimasto molto delle costruzioni originali ma ciò che si può ancora vedere è impressionante. I resti della chiesa sono imponenti e rendono l'idea dell'impegno che i compagni di merende di Gesù ci mettevano per inculcare il verbo nelle testoline nere dei guaranì.
Al pomeriggio poi siamo andati a fare un'escursione in kaiak lungo il rio Paranà e come dicevo prima è stata una delle cose più fighe che abbia fatto in vita mia.
In verità prima di salire in barchetta mi stavo un po' cagando in mano perchè il rio non è che sia esattamente un fossato ed è notoria la mia fobia per l'acqua e per i fondali che non si vedono.
Invece dopo il primo quarto d'ora di terrore sono riuscita a rilassarmi, forse anche grazie al fatto che sono salita in barca con la guida e che praticamente ho fatto finta di remare per tutto il tempo.
La guida era un personaggio: Nelson, un ragazzotto biondo in bermuda e sandali da tettesko (tipo me) che assomigliava tantissimo a quel demente australiano che faceva i documentari in cui catturava a mani nude tutti i tipi di animali più pericolosi, che ha messo la testa del figlio dentro la bocca di un coccodrillo e che poi è morto colpito a morte da una manta (o da una razza non ho mai capito) e così ha finito di rompere i coglioni e flora e fauna dell'emisfero australe. Insomma sto Nelson era una sagoma ed è stato estremamente galante perché non ha fatto commento alcuno sul fatto che nonostante mi affannassi a gettare il remo a destra e a manca non riuscivo a spostare un cm cubo d'acqua e praticamente remava solo lui. Mi ha raccontato che ha comprato un appezzamento di terra da regalare agli aborigeni perchè si costruissero una casa come dio comanda. Effettivamente durante il tragitto in jeep per arrivare al fiume siamo passati davanti a diverse baracche in stile miseria e in questa zona ci abitano proprio gli indios, non solo i morochos.
Mi sono sentita un po' a disagio per questo.
Il Paranà divide l'Argentina dal Paraguay. Quando ci siamo resi conto di questo i due hombres si son messi a remare come dannati per raggiungere la sponda paraguaya (non ci sono controlli) ma il loro entusiasmo è stato smorzato dal richiamo del nostro amico Nelson. In pratica le sponde del versante paraguayo sono terriotorio di contrabbandieri e di coltivazione di mariuana. C'era un 4x4 sulla sponda e secondo l'hombrecito era sicuramente il 4x4 di un contrabbandiere.
Volete sapere che pesci ci sono nel Paranà? Ci sono pesci commestibili dal nome impossibile da ricordare tipo tarabà iruquì etceterà, poi ci sono i caimani e ATTENZIONE anche i piraña.
La prospettiva che uno ha quando si trova in mezzo al fiume è spettacolare: attorno c'è una vegetazione fittissima e selvaggissima, alti costoni di terra rossa e corvi grossi come mucche. Il cielo era azzurrissimo e non so perchè ma avevo come l'impressione che fosse più grande di quello che sono abituata a vedere. E silenzio, tanto silenzio, perfino gli animali stavano zitti.
Dopo la gita in barca siamo andati a fare una passeggiata in mezzo alla selva accompagnati dal padre di Nelson che pensate un po', si chiamava Nelson pure lui. Sto vecchino aveva l'agilità di uno stramaledetto stambecco ed era quasi impossibile stargli dietro. Nelson Senior sapeva un sacco di aneddoti sui nazisti scappati in Argentina e sugli ebrei che gli davano la caccia, ci ha raccontato anche un sacco di storie sulle navi che partivano dall'Europa cariche di immigrati italiani polacchi ucraini francesi e tedeschi. Lui aveva un po' tutte queste origini. Ci ha portati anche a vedere la casa di Martin Borman, una vecchia volpe tetteska che per scappare dagli ebrei un po' incazzati si era rifugiato in mezzo alla selva e si era costruito una casa di pietra. Poi è riuscito a scappare e non si sa dove sia.
Durante il cammino abbiamo incontrato una grassona demente che con tutto ciò che poteva commentare circa l'episodio di Borman è riuscita a dire che questo pover uomo deve aver fatto proprio una vita triste, tutto solo in mezzo alla jungla senza nessuno con cui fare due chiacchiere.
Alla sera dopo l'escursione siamo tornati alle rovine per vedere uno spettacolo di luci suoni e ologrammi che raccontava la storia delle missioni gesuitiche. Carino, in pieno plan turistico però è stato emozionante entrare nelle rovine di notte, il cielo era limpidissimo e si vedevano un sacco di stelle.
La giornata da turista è stata come una boccata d'aria fresca. Da due settimane praticamente non uscivo dal barrio e cominciavo ad aver voglia di vedere qualcosa di diverso. Avevo,anzi avevamo, anche un po' voglia di staccare, perchè per quanto consci del fatto che stiamo vivendo probabilmente l'esperienza più allucinante della nostra vita, facciamo fatica ad abituare le nostre retine alle scene di ordinaria follia a cui assistiamo praticamente ogni giorno.

martedì 6 luglio 2010

altri giorni

Sono qui ormai da dieci giorni. In questi giorni ho visitato i barrios dove lavora l'associazione, che sono il barrio seisquincentenario, dove sto io, il barrio san jorge e santa cecilia.
In questi barrios ci sono sia casette in muratura sia casette di legno, tipo baracche per capirci. Nei barrios gli allacciamenti ad acqua e corrente sono al 90% abusivi, e molte volte è così perchè anche volendo essere in regola non sarebbe possibile perchè il comune non fa gli allacciamenti nei barrios.
Ovviamente non c'è una rete fognaria eccellente, così succede che quando piove travasa tutto per strada o nelle case.
L'acqua che si beve nei barrios è potabile ma contaminata. O meglio, è potabile ma non per tutti, per lo meno non per me. Ed è contaminata perchè la falda è poco profonda e si infiltra inquinamento e scarti di un mattatoio che è in zona, in più quando ci si lava sembra di essere sempre insaponati e resta anche sui piatti un perenne straterello di grasso. E' bellissimo!
Prima dicevo che l'acqua è potabile per tutti ma non per me, e nemmeno per gli altri europei, perchè non siamo abituati a bere questo tipo di acqua. Beh insomma, l'altra notte ho passato dei bruttissimi quarti d'ora in bagno, perchè a quanto pare non posso berne nemmeno una gocciolina, figuriamoci un tererè con ghiaccio. Mi è venuta pure la febbre e ho pensato seriamente di essermi presa qualcosa di brutto. Spero di no insomma.
Ho conosciuto anche tantissime persone che lavorano per l'associazione.
Ecco, ora si aprirà una piccola parentesi spinosa. Nella mia vita non ho avuto moltissimo a che fare con gli operatori del settore. Non molto ma non vuol dire mai, voglio dire che per questo questo e quest'altro motivo sono dovuta entrare in contatto con i servizi sociali etc, e ogni volta che ho avuto occasione di incontrare qualcuno tipo.....ehmehm...un assistente sociale (a volte anche figure tipo psicologi e altri tipi di professionali) me ne sono sempre andata con non poche perplessità. Quello che non mi convince di queste persone è che credo che non abbiano mai ben capito con chi abbiano a che fare. Ossia, credo che conoscano perfettamente le metodologie di approccio ad ogni tipo di situazione più o meno complicata a cui devono far fronte durante il loro lavoro, son sicura che abbiano ben chiara la situazione con cui si scontreranno, ma non il fatto che dentro a questa situazione ci sono delle persone. Tante persone, ognuna maledettamente diversa dall'altra e con diversissime necessità e che impongono, assolutamente impongono ognuno un distinto metodo di approccio.
Ho sempre visto i “professionisti” che entravano e uscivano dal Selleri, le logopediste e le psicologhe con cui ha a che fare mia mamma, e tanti, troppi assistenti sociali, troppo calati in un ruolo. Non so bene come definire questo ruolo, direi che ho come il timore che queste persone si considerino come una specie di deus ex machina, esseri iperdotati che con il semplice apparire sono in grado di sistemare qualsiasi casino di qualsiasi entità.
Io sinceramente ho sempre visto accumulare danni su danni. Ho visto lavoratori instancabili troppo coinvolti nel loro lavoro e li ho visti esplodere, frantumarsi in mille pezzettini per terra e ho visto quelli che subentravano dopo di loro planare a terra su di una scopa volante e come per magia spazzare via tutte le bricioline di chi veniva prima di loro.
Ho visto gente per nulla coinvolta, fresca di laurea, gente che arriva con un fogliettino con dei punti scritti, elenchi di cose da fare, ordini del giorno, un ordine ferreo da seguire durante ogni incontro e li ho visti incavolarsi e considerare l'incontro un insuccesso, perchè durante il dibattito si era usciti dal seminato.
Ho visto gente frustrata, tanta, riversare i propri problemi sopra a quelli degli altri, li ho visti smadonnare cercando il bandolo della matassa dei disagi altrui facendo solo danni, attorcigliando i fili e creando altri nodi per poi, annoiati, gettare via lana fili e tutto.
Ho sentito gente dire “parlatemi del vostro disagio” e imporre una propria inutilissima definizione di disagio.
Io ho serissimi dubbi sull' efficiacia dell'intervento di questo tipo di persone. Non voglio lanciare giudizi ne' dire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato e come dovrebbe essere perchè in realtà non ne ho la minima idea. La mia è solo una riflessione molto generica sulle mie personali esperienze.
E' che a volte mi chiedo cosa stiano facendo queste persone. Se si rendono conto di cosa stanno dicendo, di dove vanno, di come si atteggiano, se si rendono conto che davanti a loro non si sta costruendo una strada spianata ma un sentierino contorto e in salita.

Qui è estate, anche se dovrebbe essere inverno. Fa caldo, ci saranno 25 gradi e la mia giacca a vento giace inutilissima come il fango dentro all'armadio della mia stanzetta.
Quando non ho il cagotto, vado e vengo dal centro educativo nel barrio san Jorge. Lì incontro le chicas dell'ufficio microcredito. Mi hanno dato un bel po' di info sul progetto di microcredito di jardin e ora sto riordinando e finalmente scrivendo. L'unico aspetto che mi ha un po' deluso è che i prestiti vengono concessi solo a persone che hanno un'attività da più di un anno, ossia che il prestito non viene elargito a chiunque voglia rifarsi una vita, ma solo a chi ne ha una già avviata. Le chicas mi hanno spiegato che è così per avere qualche garanzia in più che il credito rientri, probabilmente non ci sono abbastanza fondi per affrontare una situazione più rischiosa.
Vabè.
I miei compagni per ora sono una ragazza e un ragazzo francesi, Manu e Vincent, detto el hombre. Manu ha 20 anni y el hombre 20. Se fossimo in erasmus farebbero parte del gruppo dei rubios probabilmente, ma siccome non siamo in erasmus ma al nord del sud, tutti e tre qui formiamo parte del grupo dei polacos.

domenica 4 luglio 2010

primi giorni

Dai ci proverò a tenere un diario. Non posso iniziare dal primo giorno, cioè esattamente dal giorno in cui sono partita. Cioè sì che posso, ma devo riassumere.

Allora, data di partenza: un giorno qualsiasi dell'ottobre dell'anno 2006. o addirittura prima?non me lo ricordo. Voglio dire che sognavo di compiere questo viaggio da molto tempo, da quando ho conosciuto Jardin durante una serata di beneficenza al Portico.

Ho fatto anche i corsi di preparazione alla partenza e tutto, ma non ho mai avuto abbastanza soldi per prendermi il biglietto aereo.

Non li ho nemmeno adesso sia chiaro, se non fosse per la borsa di studio non sarei qui nemmeno ora.

Vabè insomma, ho idea che praticamente tutti quelli che stanno leggendo sanno dove sono e cosa sono venuta a fare, quindi non entrerò nei dettagli del progetto, non ora. Insomma non ho voglia.

Son partita il 23 giugno con destinazione Buenos Aires. Durante l'attesa per il check in ho avuto modo di fare due chiacchiere con uno scheletro che tenevo ben nascosto in un armadio chiuso a chiave saldato col flessibile stuccato con la calce e sotterrato giù nel centro della terra. E niente, avrei fatto meglio a saldarmi la bocca.

Vabè.

Il mio volo ha fatto scalo a Madrid, dove è arrivato con un'ora di ritardo. Una volta lì, e considerando che il volo per Buenos Aires sarebbe partito 45 minuti dopo, ho attraversato correndo carica come una mussa tutto l'intero aeroporto, scoperto che non avevo la carta d'imbarco per il secondo volo, quindi: sono scesa al piano inferiore, ho fatto il check out, son salita di nuovo, rifatto il check in, rifatta la perquisa, buttato via l'acqua che avevo comprato dentro all'aeroporto di Tessera, fatta venire le vesciche ai piedi, comprato un adattatore che non serve a niente in Argentina, fatto mezz'ora di coda e finalmente, son salita in aereo.

Miracolosamente durante il decollo non sono morta, e neanche durante l'atterraggio.

Durante il volo nemmeno. La mia vicina di poltrona era una tizia che era stata due settimane in Francia per una festival di animaciòn, che non è un festival di animazione, come ho pensato fino a mezz'ora prima di arrivare a Buenos Aires, ma un festival di cartoni animati, in poche parole. La tizia in questione era un bel po' frichettona, forse di quelle che mi stanno un po' sul cazzo, però è stata gentile con me, mi ha aiutata ad uscire dall'aeroporto senza che mi succedesse niente di drammatico e abbiamo condiviso il taxi (con sua madre) fino al quartiere Palermo, dove sarebbe dovuto essere l'ostello. La corsa in taxi è costata 110 pesos. Una volta scese, in totalissimo stile frik, la tizia mi ha detto “venga, yo te doy 50 y tu pones 60, vale?”, sì valeva, ma non ho capito perchè. Comunque, era stata gentile e non mi son messa a questionare. Così però abbiamo saldato il debito e la birra che le dovevo dileguossi.

La prima big surprise che Buenos Aires mi ha riservato è stata quella di farmi trovare l'ostello che avevo prenotato chiuso.

Per fortuna non ero la sola in quella situazione, con me c'erano due tizi francesi che probabilmente avevano trovato l'indirizzo nella Lonely Planet, come avevo fatto io.

Fu così che capitai nell'ostello affianco, il Sohostel. Il bastardo mi è costato il doppio, 135 pesos, però mi sono trovata benissimo. C'è anche da dire che ho fatto un po' la fighetta e mi son presa una stanza singola con bagno. Non ero mai stata in ostello, ma questo mi sembrava di averlo già visto. O per lo meno di averlo sognato o di aver letto la sua descrizione. Il Sohostel si sviluppa su tre piani, al piano terra c'è solo la porta d'entrata e un giro di scale, al primo ci sono la reception, dove mi ha accolta un certo Micha, dall'espanol un poco incerto, la cucina, 5 stanze con i letti a castello e i bagni. Di sopra poi c'è una terrazza con una zona coperta con divani e tv, una parrilla e due stanze, una era la mia e un'altra doppia dove alloggiavano una mamma con la figlia.

http://www.sohostel.com.ar/

A Buenos Aires ci sono rimasta solo una notte. Il primo giorno ho fatto una passeggiata per il quartiere, e mi è sembrato di essere in Spagna ma senza spagnoli, cioè con meno delirio. Il secondo giorno ho fatto la cazzata di andare a fare un giro con un tipo brasiliano e uno venezuelano che avevo conosciuto in ostello. Il secondo era tranquillissimo, mentre purtroppo il brasiliano era anche lui uno di quei semifrik che si guadagnano la vita facendo lavoretti dell'ostia e che hanno girato tutto il mondo ma che ancora non hanno capito che quando si cammina per strada si guarda a destra, a sinistra, sopra e sopratutto sotto, per non pestare le merde dei cani. Insomma sto boludo ci ha portati a vedere la zona del porto, che, con tutto rispetto per fascino di Buenos Aires, non ha molto di interessante da vedere. Poi siamo andati a San Telmo, un quartiere molto bello, a mangiare carne alla parrilla strabuona e a fare un giro per mercatini dell'antiquariato. Ah, pure lui, in stile superfrik, al momento di pagare il conto ha voluto dividere per tre servizio birra e patate fritte, ma la carne no e così lui ha pagato di meno perchè aveva preso costine e non bife.

Se il tizio mi avesse conosciuto anche un'ora di più, non avrebbe mai rischiato quello che ha rischiato venerdì scorso. Lo stesso giorno dovevo prendere un pullman per Posadas e lui avrebbe dovuto incontrare un ragazzo di Haiti che voleva aiutare a passare la frontiera per ad andare in Brasile. Quindi, secondo il programma, saremmo dovuti tornare in ostello alle 17, a tempo per fare tutto con calma. Il muy boludo invece, ci ha fatti finire (conosceva Bsas a detta sua) in un quartiere molto poco simpatico perchè voleva a tutti i costi che prendessimo l'autobus per tornare in ostello, così avremmo potuto vedere la città. Ma erano le cinque passate, eravamo stanchi e io avrei tanto voluto togliermi i calzini che avevo in bocca prima di affrontare un viaggio in bus che sarebbe durato 12 ore. Ma non c'è stato verso di smuoverlo, e solo dopo che io e il venezuelano gli abbiamo masticato le orecchie siamo riusciti a convincerlo ad andare a prendere la metro. Totale, siam tornati alle sei e dopo 20 minuti il dueño dell'ostello mi ha portata alla stazione di Retiro, dove avrei preso il bus per Posadas.

Per inciso, qualcuno sa qualcosa del povero stronzo di Haiti?

Nonostante quindi questi piccoli imprevisti i due giorni a Bsas sono stati rilassanti, in ostello c'era muy buena onda e Marco, il proprietario, si è dimostrato gentile e disponibile. Non ho patito molto durante il viaggio in pullman. I minibus che fanno viaggi così lunghi sono molto comodi, servono da mangiare e il cibo è decisamente migliore di quello che servono in aereo. Ci hanno dato anche la colazione. Persino gli steward di bordo erano molto simpatici. Simpaticissimi. Così simpatici che uno di loro mi ha presa per il culo per tutto il viaggio perchè l'Italia è uscita dal mondiale. Ma d'altronde mi ci sono abituata, perchè è da quando sono arrivata che la formula standard per presentarsi è “de dónde eres? Italia. AAAAh ya se fueron del mundiaaaal”.

Il viaggio in bus mi è piaciuto tantissimo. Ho viaggiato di notte, ma c'era luna piena e si vedeva tutto perfettamente. Il tutto di cui sto parlando è il nulla più assoluto. In 1300 km non ho visto anima viva, una casa, un animale, nulla, solo terra e campi e alberi e piante ed erbaerbaerba tantissima erba.

mercoledì 23 giugno 2010

perdonatemi se non ho altre parole

Nos separaba de la calle
el cristal empañado de lluvia.
Yo estaba lejos del mundo,
hoja caída en el remanso de su llanto.



Ella era menuda y tierna
y se hacía más menuda entre mis brazos
y más tierna bajo mis ojos.

Entre nosotros y la calle
y la lluvia y el cristal de la ventana
eran dos abismos de plata.

La vida estaba allí naufragando en sus ojos
la belleza dormía en sus senos perfumados
la luz -toda la luz- se me daba en su boca
la humanidad - mi humanidad - era ella.

Más allá del cristal
más allá de la lluvia
pasaron...

Yo separé los ojos de los ojos de ella
para verlos pasar.

Marchaban chapoteando en el barro
los pies descalzos.
Desfilaban los rostros anochecidos de hambre.
Y las manos encallecidas de miseria
y las almas curvadas de injusticia
y las voces amanecidas de odio
desfilaban los pies descalzos.

Iba la madre con el hijo al cuadril
y el anciano rumoreando penas.
Y el mozo flameando la bandera,
iban de frente hacia la vida
armoniosamente rebeldes.

No sé si me lo gritaron ellos
o si me lo grité yo mismo.
Pero en las filas, de los que pasaban
estaban mi puesto, mi bandera y mi grito.

El cristal empañado de lluvia
esfumaba los rasgos de la calle
por donde pasaban los míos.
Volví los ojos hacia ella
que se hacia casi yo entre mis brazos

y le dije:

- Me llaman los que pasan.


Sus ojos empañados
me separaban de su alma
como el cristal con lluvia
me separaba de la calle.

Me dijo lentamente:

- No te vayas.


Y se hizo más menuda entre mis brazos
y me ofreció su boca palpitante
y sentí junto a mi, temblorosos sus senos.

Yo escuchaba chapotear en el barro
los pies descalzos
y presentía los rostros anochecidos
de hambre.

Mi corazón fue un péndulo entre
ella y la calle...


Y no sé con qué fuerza me libré
de sus ojos
me zafé de sus brazos.
Ella quedó nublando de lágrimas
su angustia.

Tras de la lluvia y del cristal
pero incapaz para gritarme:
- ¡ Espérame !

¡ Yo me marcho contigo !


Miguel Otero Silva