Oggi dopo appena 11 mesi mi ritrovo di nuovo a inscatolare la mia vita e le mie cose e a metterle sottovuoto.
Mi sono resa conto che ogni volta che mi capita lo faccio di fretta e male, e ogni volta perdo qualcosa e non riesco ad organizzarmi (in verità neanche voglio) per pianificare un trasloco con criterio. Mi rendo anche conto che ogni volta che disinscatolo tutto lo faccio con una sorta di consapevolezza del fatto che “non sarà per sempre”, per cui alcune cose le lascio impacchettate e non mi stanzio mai. Le mie camere non sono neanche mai veramente arredate e vissute, sono sempre di passaggio.
Non riesco a capire se sia una cosa normale. Cioè, mi trovo spesso spaesata di fronte alle cose che mi capitano a chiedermi se siano normali. Voglio dire, i miei amici, compagni di studio, compagni di lavoro, si sono mai sentiti “a casa” nelle case dove hanno abitato? Si sono mai sentiti “arrivati”? io no. Mi son sempre sentita un po’ in fuga, di passaggio, ferma ad una stazione in attesa che il treno riparta.
Non so quale sia la mia casa, mi sento di transito, ospite, anche a casa dei miei.
Non è una sensazione gradevole. O meglio, da una parte è divertente e stimolante il fatto di essere sempre in movimento e in cerca di cambiamento, dall’altra gli stravolgimenti continui, il costringere ricordi, episodi, esperienze, all’interno di scatoloni del latte coop a lunga conservazione da veramente fastidio.
Questa volta davvero non me l’aspettavo di dover armare tutto il baraccone dopo così poco tempo. Non dico che m’immaginavo di farci nascere dei figli in questo posto…beh ma quasi. Certo, per quanto riguarda la casa, non è il top dell’accoglienza e dell’igiene, un refresh di abitanti e un’esplosione di calce viva sarebbero veramente auspicabili per dare un’aria dignitosa a queste quattro mura. A parte questo, sì, un futuro in questo posto non mi sarebbe dispiaciuto.
La mia esperienza comunitaria è finita dopo neanche un anno con me che fuggo stremata dalle dinamiche di gruppo e dalla violenza dei rapporti all’interno della cooperativa, e mi ritrovo di nuovo a chiedermi se tutto ciò sia normale. Alcuni mi dicono di sì, che in tutti i posti di lavoro è così. E anche per tutte le convivenze gli screzi e le incomprensioni sono all’ordine del giorno. Sarò io allora ad essere poco tollerante? Può essere. Ma forse in questo caso no. La carne al fuoco era molta e la posta in gioco alta. Diciamo che si è trattato di una prova quasi generale di futuro prossimo venturo. L’esito non è stato proprio positivissimo, ma credo di essermi fatta abbastanza le ossa. Mi sono molto studiata e ho individuato alcuni punti deboli che mi hanno fatto fuggire da questa babilonia di anime sperse. Prima di tutto, non mi so imporre. Non riesco a considerare inappuntabili le mie opinioni, per cui il “forse hai ragione” fa traballare qualsiasi mia teoria. A livello lavorativo, equivale ad un suicidio di carriera. Mi incazzo poi con me stessa e con chi mi ha smentito se mi ritrovo ad aver ragione a posteriori, così invece del cappello con le orecchie d’asino mi attaccano sulla schiena un post it con scritto “porti sfiga”.
Non riesco poi a reggere le discussioni. Odio discutere, non mi piace litigare, odio odio tremendamente odio incazzarmi con qualcuno e ci resto malissimo se qualcuno s’incazza con me. Non lo reggo, mi debilita e mi demotiva. Non riesco a rispondere ai toni violenti. In parte perché non riesco ad essere altrettanto violenta, in parte perché, cinicamente, penso che se qualcuno non riesce a trovare un modo migliore per esprimersi, è perché in buona sostanza gli manca qualche rotella per cui nemmeno mi ci metto. Questo non è costruttivo.
Tutto ciò sarebbe facilmente evitabile scegliendo come ho sempre fatto (o semplicemente non evitando) i lavori in cui è qualcun altro a decidere per te, ad essere responsabile per te e a prendersi cazzi e meriti.
Obsoleto e avvilente.
L’organizzazione orizzontale invece sfocia spesso e volentieri nel caos più totale e nel pressapochismo cronico. Io non sono una lavoratrice inappuntabile, ma il mio background è costellato di esperienze lavorative in cui io eseguivo e mi sforzavo di farlo al meglio. Iniziative le ho prese poco spesso, e ancora meno ho dettato direttive. Non mi viene spontaneo, e non credo di aver trovato un terreno fertile in cui sperimentare. Tantomeno se la mia mansione è totalmente improvvisata e inventata come ho dovuto fare da quando sono qui. Magari me la sono cavata, ma cristo che fatica…
Troppa fatica, e poca gratificazione. Tanta, tantissima fatica, stress, ansia, pressione. Non è esattamente ciò che mi aspettavo da un lavoro in campagna. Certo, mi è piaciuto imparare a fare quello che facevo, cioè star dietro all’agriturismo, e mi sa che ci proverò ancora a farlo, ma per gradi, non vorrò più essere lanciata nel vuoto senza sicura, accollandomi responsabilità enormi sulla buona riuscita dei progetti (iniziati da altri).
Un po’ alla volta vorrò imparare ad essere responsabile e organizzata (soprattutto).
Poi devo lavorare duramente sulla gestione dei rapporti umani. Non vedo alternative alla vita comunitaria e alla rete di persone attorno a me, per cui meglio che impari al più presto come fare ad avere fiducia nel prossimo e a come rapportarmici. Voglio capire qual è la formula di convivenza migliore, quali sono gli spazi da condividere e quali no, quali siano i tempi per la convivialità e quali per l’intimità, e soprattutto quali per la solitudine, croce e delizia di cui però non riesco a fare a meno.
Però me ne vado vincente e soddisfatta, tutto sommato. Naturalmente con più scatoloni di quando sono arrivata, il 23 luglio di un anno fa, fuggendo (naturalmente) dal delirio di via lame, salendo via di tolara con la mia vita nel bagagliaio del doblò di cristiano, con la netta sensazione di stare arrampicandomi lungo la salitona avanzando carponi, e arrivando in cima con la soddisfazione di chi pianta la bandiera a quota 4000. Ero stanchissima, e ora lo sono ancora di più. Direi che mi merito un po’ di riposo.
Oggi però pensavo che per andarmene a cuor leggero può essermi di aiuto farmi una carrellata di ricordi, naturalmente quelli più belli, magari anche non bellissimi ma significativi.
Via, si comincia.
1) Il mio arrivo in dulcamara e l’aperitivo di benvenuto con matteo, claudio, Alfredo, cristiano, e il terribile piedolino
2) Gli insetti che mi pungono. Io che scendo le scale di casa con la mano sulla bocca e dico a matteo “ho un problema”. Matteo che scoppia a ridere e mi accompagna in farmacia a prendere un antistaminico per far scendere il gonfiore del mio labbro superiore e della mia faccia tumefatta dalle punture di zanzare.
3) La maddalena. Mia adorata maddalonza, le nostre prime 3 settimane insieme che mi son sembrate anni. Le infradito marroni della maddalonza e la bandana rossa.
4) Capire cos’è ea
5) Capire dov’è ea
6) Lucas e le proposte indecenti: “quieres que vamos al punto panoramico?”
7) Il primo tentativo di inserirmi nel gruppo: la paella demmerda con la sciura del corso di ceramica.
8) La lunga serie di sbronze estive
9) La lunga serie di culi alle quattro del pomeriggio
10) Asciugare le forchette ascoltando “battiti”
11) Accompagnare carlo a fare gli animali a fine giornata
12) Imparare a fare la chiusura da sbronza e non essere in grado di farlo da sobria
13) Imparare a usare il decespugliatore
14) Imparare a svasare il vino
15) La cena di ferragosto e i calanchi di notte. La maddalena che si perde nel bosco e chiede “amici dove siete?”
16) Le cene sotto le stelle e le stelle cadenti in campo sportivo
17) L’assolo di bambina mentre nando e maila suonano
18) Odore di sottobosco
19) Enrico che se ne va e la prima vera volta in cui mi chiedo “ma dove cazzo sono capitata”.
20) La terribile tripletta stupiggi ungheresi-permacultura-asetra.
21) La giornata al mare con vincenzo e carlo
22) Non essere riuscita una volta a ricordarmi di pulire il polivalente quando c’era la siua.
23) Ripulire l’orto sinergico con l’angela e le cesoie e avere male alle tette per tre giorni
24) Abbandonare l’orto sinergico al suo destino
25) Chiacchiere con brando, andrea e angela sulla metafisica e la teologia
26) LAIKAH!
27) Il caccolone di Alfredo
28) Il pappagallo di claudio
29) La bottiglia di pipì in camera di matteo
30) I tentativi di sovversione dell’ordine costituito con carlo
31) La burrascosa cena con i presidenti
32) Carlo con le mani puzzone di pus della capra
33) La fantastica partecipazione a “ma che bella serata” con genio e i pierrots
34) La lorenza ritardata
35) La lorenza che si ripiglia quando arriva angela
36) Angela, lorenza e le vitamine
37) La neve
38) Le tisane per i cavalli
39) I cappottini per i capretti
40) La transumanza con lorenza e la neve
41) La lotta sulla neve con lorenza
42) La lap dance in ufficio con lorenza
43) La neve che si scioglie in camera mia
44) Le lezioni di trapezio
45) Lanciarmi nella neve dalle scalette del retro del ristorante con roberto
46) Lanciarmi nella neve con un oggetto nevedinamico dalla collinetta di fronte al ristorante con roberto, con scarississimo successo
47) L’incubo dei lavori in agriturismo
48) Marco e roberto intrappolati dalla neve all’overlook hotel
49) La cena di capodanno
50) La mattina di capodanno e l’allenamento con i fleet foxes.
51) BIAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
52) Sistemare la passerella con nicola
53) Scoprire che la lampadina non è fulminata ma io sì con nicola
54) Spaventare matteo per caso!
55) Spaventare matteo premeditandolo
56) Gli allenamenti la mattina presto con matteo
57) La musica di pino
58) I vicini di casa che vengono ad aiutarci a spalare la neve
59) Il cazziatone di michele a me e carlo per colpa della piscina (in verità la colpa era del caldo)
60) I mozzichi di brando
61) I baci gratuiti di luisa
62) (oggi non stampa)
63) Litigare con la fiamma e poi le telefonate per chiedersi scusa
64) Guardare “si può fare” con carlo arianna e roberto
65) Arianna…
66) Fare la pizza
67) Dipingere il campeggio
68) Piantare i cipollotti e i finocchi in aprile
69) Carlo che torna a sorpresa
70) Giocare a badilate di neve con roberto
71) Il giorno delle mie dimissioni.
Mi sono resa conto che ogni volta che mi capita lo faccio di fretta e male, e ogni volta perdo qualcosa e non riesco ad organizzarmi (in verità neanche voglio) per pianificare un trasloco con criterio. Mi rendo anche conto che ogni volta che disinscatolo tutto lo faccio con una sorta di consapevolezza del fatto che “non sarà per sempre”, per cui alcune cose le lascio impacchettate e non mi stanzio mai. Le mie camere non sono neanche mai veramente arredate e vissute, sono sempre di passaggio.
Non riesco a capire se sia una cosa normale. Cioè, mi trovo spesso spaesata di fronte alle cose che mi capitano a chiedermi se siano normali. Voglio dire, i miei amici, compagni di studio, compagni di lavoro, si sono mai sentiti “a casa” nelle case dove hanno abitato? Si sono mai sentiti “arrivati”? io no. Mi son sempre sentita un po’ in fuga, di passaggio, ferma ad una stazione in attesa che il treno riparta.
Non so quale sia la mia casa, mi sento di transito, ospite, anche a casa dei miei.
Non è una sensazione gradevole. O meglio, da una parte è divertente e stimolante il fatto di essere sempre in movimento e in cerca di cambiamento, dall’altra gli stravolgimenti continui, il costringere ricordi, episodi, esperienze, all’interno di scatoloni del latte coop a lunga conservazione da veramente fastidio.
Questa volta davvero non me l’aspettavo di dover armare tutto il baraccone dopo così poco tempo. Non dico che m’immaginavo di farci nascere dei figli in questo posto…beh ma quasi. Certo, per quanto riguarda la casa, non è il top dell’accoglienza e dell’igiene, un refresh di abitanti e un’esplosione di calce viva sarebbero veramente auspicabili per dare un’aria dignitosa a queste quattro mura. A parte questo, sì, un futuro in questo posto non mi sarebbe dispiaciuto.
La mia esperienza comunitaria è finita dopo neanche un anno con me che fuggo stremata dalle dinamiche di gruppo e dalla violenza dei rapporti all’interno della cooperativa, e mi ritrovo di nuovo a chiedermi se tutto ciò sia normale. Alcuni mi dicono di sì, che in tutti i posti di lavoro è così. E anche per tutte le convivenze gli screzi e le incomprensioni sono all’ordine del giorno. Sarò io allora ad essere poco tollerante? Può essere. Ma forse in questo caso no. La carne al fuoco era molta e la posta in gioco alta. Diciamo che si è trattato di una prova quasi generale di futuro prossimo venturo. L’esito non è stato proprio positivissimo, ma credo di essermi fatta abbastanza le ossa. Mi sono molto studiata e ho individuato alcuni punti deboli che mi hanno fatto fuggire da questa babilonia di anime sperse. Prima di tutto, non mi so imporre. Non riesco a considerare inappuntabili le mie opinioni, per cui il “forse hai ragione” fa traballare qualsiasi mia teoria. A livello lavorativo, equivale ad un suicidio di carriera. Mi incazzo poi con me stessa e con chi mi ha smentito se mi ritrovo ad aver ragione a posteriori, così invece del cappello con le orecchie d’asino mi attaccano sulla schiena un post it con scritto “porti sfiga”.
Non riesco poi a reggere le discussioni. Odio discutere, non mi piace litigare, odio odio tremendamente odio incazzarmi con qualcuno e ci resto malissimo se qualcuno s’incazza con me. Non lo reggo, mi debilita e mi demotiva. Non riesco a rispondere ai toni violenti. In parte perché non riesco ad essere altrettanto violenta, in parte perché, cinicamente, penso che se qualcuno non riesce a trovare un modo migliore per esprimersi, è perché in buona sostanza gli manca qualche rotella per cui nemmeno mi ci metto. Questo non è costruttivo.
Tutto ciò sarebbe facilmente evitabile scegliendo come ho sempre fatto (o semplicemente non evitando) i lavori in cui è qualcun altro a decidere per te, ad essere responsabile per te e a prendersi cazzi e meriti.
Obsoleto e avvilente.
L’organizzazione orizzontale invece sfocia spesso e volentieri nel caos più totale e nel pressapochismo cronico. Io non sono una lavoratrice inappuntabile, ma il mio background è costellato di esperienze lavorative in cui io eseguivo e mi sforzavo di farlo al meglio. Iniziative le ho prese poco spesso, e ancora meno ho dettato direttive. Non mi viene spontaneo, e non credo di aver trovato un terreno fertile in cui sperimentare. Tantomeno se la mia mansione è totalmente improvvisata e inventata come ho dovuto fare da quando sono qui. Magari me la sono cavata, ma cristo che fatica…
Troppa fatica, e poca gratificazione. Tanta, tantissima fatica, stress, ansia, pressione. Non è esattamente ciò che mi aspettavo da un lavoro in campagna. Certo, mi è piaciuto imparare a fare quello che facevo, cioè star dietro all’agriturismo, e mi sa che ci proverò ancora a farlo, ma per gradi, non vorrò più essere lanciata nel vuoto senza sicura, accollandomi responsabilità enormi sulla buona riuscita dei progetti (iniziati da altri).
Un po’ alla volta vorrò imparare ad essere responsabile e organizzata (soprattutto).
Poi devo lavorare duramente sulla gestione dei rapporti umani. Non vedo alternative alla vita comunitaria e alla rete di persone attorno a me, per cui meglio che impari al più presto come fare ad avere fiducia nel prossimo e a come rapportarmici. Voglio capire qual è la formula di convivenza migliore, quali sono gli spazi da condividere e quali no, quali siano i tempi per la convivialità e quali per l’intimità, e soprattutto quali per la solitudine, croce e delizia di cui però non riesco a fare a meno.
Però me ne vado vincente e soddisfatta, tutto sommato. Naturalmente con più scatoloni di quando sono arrivata, il 23 luglio di un anno fa, fuggendo (naturalmente) dal delirio di via lame, salendo via di tolara con la mia vita nel bagagliaio del doblò di cristiano, con la netta sensazione di stare arrampicandomi lungo la salitona avanzando carponi, e arrivando in cima con la soddisfazione di chi pianta la bandiera a quota 4000. Ero stanchissima, e ora lo sono ancora di più. Direi che mi merito un po’ di riposo.
Oggi però pensavo che per andarmene a cuor leggero può essermi di aiuto farmi una carrellata di ricordi, naturalmente quelli più belli, magari anche non bellissimi ma significativi.
Via, si comincia.
1) Il mio arrivo in dulcamara e l’aperitivo di benvenuto con matteo, claudio, Alfredo, cristiano, e il terribile piedolino
2) Gli insetti che mi pungono. Io che scendo le scale di casa con la mano sulla bocca e dico a matteo “ho un problema”. Matteo che scoppia a ridere e mi accompagna in farmacia a prendere un antistaminico per far scendere il gonfiore del mio labbro superiore e della mia faccia tumefatta dalle punture di zanzare.
3) La maddalena. Mia adorata maddalonza, le nostre prime 3 settimane insieme che mi son sembrate anni. Le infradito marroni della maddalonza e la bandana rossa.
4) Capire cos’è ea
5) Capire dov’è ea
6) Lucas e le proposte indecenti: “quieres que vamos al punto panoramico?”
7) Il primo tentativo di inserirmi nel gruppo: la paella demmerda con la sciura del corso di ceramica.
8) La lunga serie di sbronze estive
9) La lunga serie di culi alle quattro del pomeriggio
10) Asciugare le forchette ascoltando “battiti”
11) Accompagnare carlo a fare gli animali a fine giornata
12) Imparare a fare la chiusura da sbronza e non essere in grado di farlo da sobria
13) Imparare a usare il decespugliatore
14) Imparare a svasare il vino
15) La cena di ferragosto e i calanchi di notte. La maddalena che si perde nel bosco e chiede “amici dove siete?”
16) Le cene sotto le stelle e le stelle cadenti in campo sportivo
17) L’assolo di bambina mentre nando e maila suonano
18) Odore di sottobosco
19) Enrico che se ne va e la prima vera volta in cui mi chiedo “ma dove cazzo sono capitata”.
20) La terribile tripletta stupiggi ungheresi-permacultura-asetra.
21) La giornata al mare con vincenzo e carlo
22) Non essere riuscita una volta a ricordarmi di pulire il polivalente quando c’era la siua.
23) Ripulire l’orto sinergico con l’angela e le cesoie e avere male alle tette per tre giorni
24) Abbandonare l’orto sinergico al suo destino
25) Chiacchiere con brando, andrea e angela sulla metafisica e la teologia
26) LAIKAH!
27) Il caccolone di Alfredo
28) Il pappagallo di claudio
29) La bottiglia di pipì in camera di matteo
30) I tentativi di sovversione dell’ordine costituito con carlo
31) La burrascosa cena con i presidenti
32) Carlo con le mani puzzone di pus della capra
33) La fantastica partecipazione a “ma che bella serata” con genio e i pierrots
34) La lorenza ritardata
35) La lorenza che si ripiglia quando arriva angela
36) Angela, lorenza e le vitamine
37) La neve
38) Le tisane per i cavalli
39) I cappottini per i capretti
40) La transumanza con lorenza e la neve
41) La lotta sulla neve con lorenza
42) La lap dance in ufficio con lorenza
43) La neve che si scioglie in camera mia
44) Le lezioni di trapezio
45) Lanciarmi nella neve dalle scalette del retro del ristorante con roberto
46) Lanciarmi nella neve con un oggetto nevedinamico dalla collinetta di fronte al ristorante con roberto, con scarississimo successo
47) L’incubo dei lavori in agriturismo
48) Marco e roberto intrappolati dalla neve all’overlook hotel
49) La cena di capodanno
50) La mattina di capodanno e l’allenamento con i fleet foxes.
51) BIAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
52) Sistemare la passerella con nicola
53) Scoprire che la lampadina non è fulminata ma io sì con nicola
54) Spaventare matteo per caso!
55) Spaventare matteo premeditandolo
56) Gli allenamenti la mattina presto con matteo
57) La musica di pino
58) I vicini di casa che vengono ad aiutarci a spalare la neve
59) Il cazziatone di michele a me e carlo per colpa della piscina (in verità la colpa era del caldo)
60) I mozzichi di brando
61) I baci gratuiti di luisa
62) (oggi non stampa)
63) Litigare con la fiamma e poi le telefonate per chiedersi scusa
64) Guardare “si può fare” con carlo arianna e roberto
65) Arianna…
66) Fare la pizza
67) Dipingere il campeggio
68) Piantare i cipollotti e i finocchi in aprile
69) Carlo che torna a sorpresa
70) Giocare a badilate di neve con roberto
71) Il giorno delle mie dimissioni.